Diavolo di un uomo, di un depresso in convalescenza e di un critico d’arte impareggiabile anche nel praticarla mediaticamente, riuscendo ad occupare le prime pagine dei giornali anche con tutti i casini e le guerre raccontate dalle cronache, Vittorio Sgarbi non so se meriti la nomina a senatore a vita chiesta per lui al presidente della Repubblica da qualche parte in questi giorni. Di sicuro merita i complimenti per come riesce a gestire anche le sue difficoltà sorprendendo tutti, amici e non.
A 73 anni compiuti e a 71 chili ai quali si è ridotto da solo con la depressione, rifiutando il cibo prima ancora che adeguandosi alla dieta prescrittagli dai medici, Vittorio Sgarbi ha deciso domenica scorsa come elettore nelle Marche di fare parte della metà dei votanti, non degli astenuti come forse ci si poteva aspettare. E’ andato alle urne giusto per votare il presidente uscente, amico e confermato della regione Francesco Acquaroli, non altro. Non anche il suo partito, visto che Giorgia Meloni, come lui stesso si è doluto parlandone con Cazzullo, non si è mai fatta sentire pur sapendo delle sue condizioni malferme di salute e dell’amarezza procuratagli dalla figiia Evelina chiedendo ai magistrati di togliergli la gestione dei beni. Dopo averlo peraltro messo sotto indagini per conflitto d’interessi, quanto meno, determinandone peraltro l’uscita dal governo in carica.
Sul piano politico, oltre che umano, Sgarbi ha voluto sorprendere amici e non -di nuovo- iscrivendosi all’area, diciamo cosi, andreottiana. Di Giulio Andreotti, cioè, la buonanima del sette volte presidente del Consiglio e ancora di più ministro che attribuiva al potere virtù taumaturgiche, danneggiando solo chi non lo ha, o lo perde.
Infatti Sgarbi ha raccontato di essere entrato nel lungo tunnel della depressione dopo essere stato estromesso da sottosegretario ai beni culturali. Dimesso più che dimessosi dalla Meloni e dall’allora ministro Gennaro Sangiuliano, che però non ne ha ricavato vantaggi per avere poi dovuto lasciare anche lui, in modo anche più clamoroso.