Il Pantheon elettronico di Phoenix, dove il presidente americano Donald Trump ha voluto celebrare il “martirio” del pur “immortale” Charlie Kirk, è stato imponente a vederlo in televisione. Figuriamoci a viverlo per i duecentomila e più accorsi al richiamo del presidente. Che, visti i tempi che corrono, ha prudentemente parlato dietro un enorme vetro a prova di proiettile, di cui invece è morto il povero Kirk pur “sorridendo”, come ha rivelato la vedova. Che probabilmente finirà per prendere il posto -e se lo meriterebbe- conteso da una ventina di candidati alla successione politica al marito di cui abbiamo letto sui giornali. Uno premurandosi anche di potenziare la scorta personale, e privata, di cui già disponeva.
Ecco, questa storia del vetro di protezione di Trump mi ha colpito più del suo discorso, e di tutta la manifestazione allo stadio di Phoenix. Di fronte alla protezione giustamente alle stelle, non solo quelle della bandiera americana, assicurata a Trump, e probabilmente da lui stesso pretesa, mi sembra ancora più inquietante di quanto non abbia già scritto la protezione alle stalle fornita al più famoso e impegnato attivista del presidente degli Stati Uniti. E il fatto che Trump abbia continuato a non parlarne, e a reclamarne le ragioni più ancora della pena di morte per l’assassino riuscito così facilmente nel suo attentato, mi sembra anch’esso sconcertante. Misteri d’America.