Quella foto di Meloni e Trump insieme andata di traverso a qualcuno….

         Dev’essere andata molto di traverso al Fatto Quotidiano di rito sempre più contiano -da Giuseppe Conte, l’ex presidente del Consiglio italiano migliore dopo il compianto Camillo Benso Conte di Cavour, secondo Marco Travaglio- quella foto di Trump e Meloni insieme a tavola. “Il presidente Usa -si legge nel titolo del Fatto- tiene accanto a sé la premier al gala prima del vertice dell’Alleanza atlantica” in Olanda. Dove Conte, sempre lui, era corso per dimostrare contro il riarmo e l’economia di guerra che il rapporto con la Nato imporrebbe all’Europa, a scapito di sanità, pensioni, lotta alla povertà, sopravvissuta in Italia alla sconfitta vantata dai grillini al governo, e tutto il resto della solita propaganda. Un’economia di guerra, verbalmente, come quella effettiva, ma sfuggita a Conte, che Putin ha imposto alla Russia con la guerra ancora in corso all’Ucraina.

         Di questa guerra di Putin alla “martoriata Ucraina”, come diceva la buonanima di Papa Francesco pur lamentando “l’abbaiare della Nato” alla Russia, si dovrebbe ora attendere un ritorno almeno sulle prime pagine dei giornali, non solo italiani, ora che l’altra guerra che le aveva strappato la scena, fra Israele e Iran con la partecipazione degli Stati Uniti, sembra entrata in una tregua vera, dopo quella falsa o fallita delle prime ore dopo l’annuncio di Trump.

         Il presidente ucraino Zelensky è corso anche lui al vertice della Nato, accolto molto calorosamente dal segretario generale. Spero che se ne potranno vedere risultati tangibili, non solo verbali o fotografici.

Le guerre di carta prodotte dalle guerre vere sul campo

Le guerre e persino le tregue che ogni tanto si annunciano e si praticano dividono anche i giornali, fra dioro e al loro interno. Sta accadendo a Repubblica, per esempio, fra le analisi o i “punti” di Stefano Folli, ai quali mancano ormai solo i richiami al “parere diverso” che la buonanima di Eugenio Scalfari metteva sugli articoli di Alberto Ronchey nella stagione della loro collaborazione, e quelli di Massimo Giannini. Che sono maggiormente amplificati per i salotti televisivi dove l’altro non compare. O, se vi approda, ciò avviene in canali che sfuggono almeno al mio telecomando.

         Ma più ancora della Repubblica è il Corriere della Sera che sta soffrendo questa confusa congiuntura internazionale, fatta di disordine più che di ordine. Le sue grandi firme, pur col garbo di non citarsi e tanto meno attaccarsi fra di loro, hanno visioni assai diverse di ciò che accade.

         Il mio amico Paolo Mieli, per esempio, pizzicò subito e impietosamente  Trump in violazione del diritto internazionale con l’annuncio del suo intervento nella guerra di Israele all’Iran, rivelatosi peraltro decisivo per strappare in breve tempo a Nethanyau non solo i ringraziamenti ma anche la rinuncia a proseguire le sue operazioni sino al ventilato, auspicato rovesciamento del regime degli ayatollah.

         Subito sotto Mieli, in ordine tipografico e alfabetico, nello stesso giorno si poteva leggere sul Corriere Antonio Polito convinto, in parole povere, che gli Stati Uniti, anche quelli di Trump, non potessero e dovessero sottrarsi all’intervento. Ma convinto pure che il presidente, “altalenante e improvvisato” avesse, come al solito, sbagliato modalità e tempi. Che a volte, si sa, vanificano anche le migliori intenzioni.

         Ieri Ernesto Galli della Loggia si è a lungo soffermato ad analizzare il diritto internazionale evocato dall’ex direttore Mieli per arrivare alla conclusione ch’esso sia ormai qualcosa più di effimero che di concreto. Incerto persino negli organismi internazionali preposti alla sua difesa e applicazione: dalle Nazioni Unite, paralizzate insieme dal diritto -anche quello- di veto di cui dispongono i protagonisti del Consiglio di Sicurezza e dalla maggioranza di cui dispongono ormai nell’Assemblea generale i paesi più disinvolti, diciamo così, nella loro condotta interna e internazionale.

         “Gli oltre cinquanta Stati islamici sommati a Russia e a Cina e ai Paesi del cosiddetto “Sud globale”, genericamente “antisionisti” e ostili a tutto quanto sappia troppo di Occidente, hanno una prevalenza schiacciante”, ha scritto impietosamente Galli della Loggia chiedendosi poi “che immagine si possa o si debba avere del diritto internazionale se sono questi i criteri di valutazione che ispirano l’Onu”. Criteri per niente ispirati alla “’imparzialità”,  elemento “costitutivo per antonomasia di ogni diritto e di ogni etica”. Senza il quale lo stesso diritto internazionale può “diventare qualcosa d’altro”. Di incerto e indefinibile.

Pubblicato sul Dubbio

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