Giuseppe Conte punge il palloncino della vittoria cantata a Genova

         Qualche parola o rigo di stampa per prendere onestamente atto che Giuseppe Conte ha esplicitato meglio il primo silenzio opposto ai risultati elettorali del turno amministrativo di domenica e lunedì scorsi, particolarmente a Genova con la vittoria netta, senza ballottaggio, della “civica” Silvia Salis a sindaco. Un silenzio che sembrava segno di fastidio o di indifferenza, pur avendo i contiani pentastellati partecipato alla coalizione di cosiddetto centrosinistra, o semplicemente “progressista”, come preferiscono chiamarla la stessa Salis e l’ex premier. Un fastidio opposto all’entusiasmo della segretaria del Pd Elly Schelin, ora ancora più “pronta” di ieri ad elezioni politiche, magari anticipate per cercare di liberarsi prima di Giorgia Meloni. Sotto la quale “non c’è niente”, ha appena scritto sulla Stampa Angelo De Angelis in una forma di sessismo rovesciato, diciamo così. E come se sotto la Schlein ci fosse qualcosa di più, o di meglio, secondo i gusti.

         Giuseppe Conte ha sgonfiato non dico le vesti ma il palloncino della vittoria elettorale cantata dalla Schlein, orgogliosa della sua “ostinazione unitaria” di organizzare e magari anche guidare un’Armata Brancaleone contro la Meloni. Lo ha sgonfiato, Conte,  ammonendo che “la sommatoria numerica non funziona”, evidentemente o specialmente a livello nazionale. “Qui -ha aggiunto l’ex premier nostalgico della sua esperienza a Palazzo Chigi- non si vince con il campo largo, campo stretto, campo alto, campo basso, giusto, morto, campo santo….”. Si è dimenticato di aggiungere, lasciandolo nella ovvietà, che non si vince senza di lui nel ruolo epico attribuitogli da Marco Travaglio del “migliore capo del governo italiano dopo Camillo Benso di Cavour”.

L’ossimoro di cui avrebbe bisogno la Schlein per vincere davvero

Per carità, Elly Schlein, Matteo Renzi e il pur silenzioso -mi pare- Giuseppe Conte hanno le loro ragioni per essere soddisfatti dei risultati del primo turno delle elezioni amministrative di fine maggio. Che porta ormai il nome o la sigla di Genova, la maggiore delle città in cui si è votato. Dove il cosiddetto campo largo dell’alternativa ha vinto senza passare per il ballottaggio, chiudendo la lunga fase degli otto anni di opposizione in un Comune storicamente e politicamente di sinistra.

         La Schlein ha un motivo in più, e di partito, per cantare vittoria, avendo conquistato il  suo Pd , da solo, la testa della classifica facendo recedere al 12 per cento i fratelli d’Italia della Meloni che a livello nazionale contano sul 30 per cento nei sondaggi. Per cui la segreteria del Nazareno ha potuto rivendicare la concretezza delle urne e contrapporla alle consultazioni telefoniche, e simili, vantate dalla maggioranza che governa.

         La parte favorevole, per la Schlein,  dell’analisi e del racconto di questo turno elettorale amministrativo – peraltro incoraggiante per le opposizioni anche per una buona affluenza alle urne, almeno rispetto alle ultime tendenze, che potrebbe riflettersi sulle elezioni referendarie dell’8 e 9 giugno gravate dal cosiddetto quorum- finisce tuttavia qui. Non può andare oltre.

         A livello nazionale, nella prospettiva di elezioni persino anticipate, cui la Schlein ha recentemente annunciato di sentirsi pronta, parlandone anzi al plurale, il modello Genova -se lo vogliano chiamare- così avrebbe bisogno di una circostanza a dir poco paradossale. Un ossimoro, direi. Per sottrarsi alla competizione interna al campo largo – derivante dall’ambizione di Giuseppe Conte di tornare a Palazzo Chigi per riprendere, secondo i suoi estimatori, l’avventura del “migliore presidente del Consiglio d’Italia dopo Camillo Benso di Cavour”- la segreteria del Pd dovrebbe inventarsi, e preparare dietro le quinte, una soluzione o lista civica nazionale simile a quella genovese della campionessa di lancio del martello Silvia Salis. Ma una soluzione civica a livello nazionale è materialmente impossibile. Sarebbe come pretendere la quadratura del cerchio, o viceversa. Le liste civiche sono locali.

         Si torna pertanto al punto di partenza. Che è quello recentemente indicato non da me, modesto cronista, ma da un vecchio frequentatore, attore ed esperto della politica come l’ex capogruppo del Pd al Senato Luigi Zanda, cresciuto anche nella franchezza del padre, già capo della Polizia, e di Francesco Cossiga. Che ha ricordato alla Schlein, quasi una figlia per ragioni età, con  i suoi 82 anni e mezzo rispetto ai 40 della “giovane e donna” segretaria del Pd, che la sua “rivale” è la presidente del Consiglio in carica da ormai più di due anni e mezza ma il suo “nemico” è Conte, pur ridotto a Genova al 5 per cento, uno per ogni stella del suo movimento, e a livello nazionale attorno al 15.

Pubblicato sul Dubbio

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