Lo sgambetto di Donald Trump agli oppositori di Giorgia Meloni

         Quel diavolo del presidente americano ne ha combinato un’altra delle sue, volendo sentirlo o vederlo con le orecchie o con gli occhi della cosiddetta sinistra italiana. Cosiddetta perché stento a considerarla tale davvero al livello emotivo e logico al quale è scesa.

         Dopo due ore trascorse al telefono con Putin per cercare di convincerlo a trattare seriamente per la fine della guerra in Ucraina, cominciata con l’invasione russa più di tre anni fa, Trump ha voluto riferirne di persona, sempre per telefono, al presidente ucraino Volodimyr Zelensky, al presidente francese Emmanuel Macron, al premier inglese Keir Starmer, al cancelliere tedesco Friedrich Merz, al presidente finlandese Alexander Stubb, alla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen  e alla premier italiana Giorgia Meloni. Cosa, quest’ultima, che ha spiazzato, indispettito, insospettito le opposizioni in Italia. Che avevano deciso, annunciato e deriso l’isolamento della Meloni e dell’Italia in Europa per via della mancata o rifiutata partecipazione all’ultima riunione dei “volenterosi” datisi appuntamento in Albania per discutere dell’Ucraina, appunto. Dopo averne discusso più volte nei mesi scorsi puntando anche su un invio protettivo di truppe europee in Ucraina senza un mandato dell’Onu, d’altronde improbabile per il veto di cui dispone la Russia nel Consiglio di Sicurezza.

         Piuttosto che riconoscere alla Meloni l’attenzione, il riguardo eccetera guadagnatisi a livello internazionale dopo due anni e mezzo di governo, le opposizioni hanno praticamente accusato Trump di averla voluta tanto temerariamente quanto amichevolmente tirarla fuori dall’isolamento. E la Meloni di essersi aggrappata alla fune del presidente americano come un’acrobata nel grande circo equestre della politica internazionale, senza rete di sicurezza. O con una rete immeritata.

         Se le opposizioni parlamentari, mediatiche, diciamo pure culturali si sono ridotte, e ridotto la politica interna italiana a questi livelli, ripeto, la Meloni non avrà neppure bisogno di fare campagna elettorale, quando ne sarà arrivato il momento, per rimanere dov’è. E magari anche per salire più in alto, sempre quando ne sarà arrivato il momento.

Ripreso da http://www.startmag.it

La partecipazione di Gentiloni al congresso sotterraneo del Pd

Già ministro degli Esteri, presidente del Consiglio e commissario europeo, in ordine rigorosamente cronologico che serve anche a volergli attribuire una certa competenza quando lo si sente parlare o lo si legge occupandosi della politica estera italiana, Paolo Gentiloni ha scritto un curioso articolo su questo argomento. Curioso e neppure improvvisato nella cornice verde assegnatagli dalla Repubblica per sottolinearne anche graficamente, almeno a noi del mestiere, l’aggiornamento eseguito dall’autore fra la prima e l’ultima edizione. Magari, nel nostro caso, dopo avere assistito, con l’altro ex eccellente che è Romano Prodi, alla cerimonia di intronizzazione di Papa Leone XIV ed essersi informato della successiva attività di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi.

         “La debolezza sul palcoscenico internazionale” è il titolo assegnato al commento di Gentiloni, dove tuttavia la debolezza, appunto, è solo un “rischio” che correrebbe la presidente del Consiglio dopo che, pur ignorata o sottovalutata o fraintesa dalla segretaria del Pd Elly Schlein, cui lo stesso Gentiloni appartiene, “la postura di politica estera fin qui era stata un suo punto di forza, capace di rassicurare il tradizionale sistema di alleanze del nostro Paese”.

         Ora invece, sempre secondo Gentiloni, sorpreso, contrariato e quant’altro dalle distanze non prese ma ribadite dalla Meloni rispetto alla tentazione, quanto meno, dei cosiddetti “volenterosi” d’Europa di inviare truppe on Ucraina anche senza una copertura dell’Onu, “il governo farebbe bene a dichiarare la nostra chiara volontà di contribuire all’impegno comune per l’Ucraina nelle sedi più adeguate”. Anche perché “in ballo, oltre al nostro interesse nazionale, c’è il profilo geopolitico dell’Europa che verrà”, ha avvertito il pluri-ex.

         Quale possa o debba essere “l’impegno comune per l’Ucraina” e in quali “sedi più adeguate” è rimasto tuttavia nella penna o nel computer di Gentiloni, prima e dopo l’aggiornamento della ribattuta di Repubblica. E non è un inconveniente da poco per un uomo dell’esperienza dell’ex premier e tutto il resto. O è la furbata, chiamiamola così, del Gentiloni raccontato nelle cronache e nei retroscena dei giornali come un possibile successore della Schlein alla segreteria del Pd, se e quando verrà il momento di sostituirla. In certe corse, si sa, specie in un partito complesso, a dir poco, come quello al Nazareno, che ha preso il meglio o il peggio, come preferite, della sinistra democristiana e del Pci; in certe corse, dicevo, la chiarezza o compiutezza delle analisi e delle prospettive politiche non è un obbligo.

         Ecco, l’intervento di Gentiloni su Repubblica mi è apparso personalmente funzionale più al congresso sotterraneo e continuo che si sta svolgendo nel Pd, anche a livello referendario, da quando l’autorevole ex senatore e capogruppo Luigi Zanda ne ha chiesto inutilmente uno palese e anticipato, che ad una comprensione di ciò che sta accadendo non solo in Italia, non solo in Europa ma nel mondo. Anche con l’elezione dello statunitense Robert Francis Prevost a Papa.

         Nel suo racconto del “rischio” di una “debolezza” della Meloni in politica estera, dopo la “forza” riconosciutale nei primi due anni e mezzo di governo, Gentiloni ha anche sospettato che l’assenza della premier italiana dal recente vertice albanese dei “volenterosi” d’Europa non sia stata voluta ma imposta col rifiuto di invitarla per inaffidabilità.  

         Ma, chiarito bene o male l’equivoco su una permanente disponibilità di Francia, Germania, Gran Bretagna, Polonia, in ordine alfabetico, di mandare truppe in Ucraina anche senza un mandato dell’Onu, improbabile col veto di cui dispone Mosca, mi chiedo perché debba essere il governo italiano a cambiare posizione, chiarire e via dicendo e non invece la presunta controparte in questo che ormai non è più un racconto. E non so neppure cos’altro, se non si vuole scendere al livello del turpiloquio.

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