In attesa dell’incontro di Meloni con Merz sui rapporti fra Germania e Italia

Nel quadro geopolitico scosso da guerre, militari e commerciali, e dalla imprevedibilità, a dir poco, delle decisioni, iniziative e quant’altro del presidente americano Donald Trump, deciso a cambiare gli assetti internazionali a vantaggio almeno dei suoi interessi, visto che quelli degli Stati Uniti potrebbero non coincidere oltre il suo secondo e ultimo mandato alla Casa Bianca, l’esclusione dell’Italia, insieme con la Cechia, dai paesi, anzi alleati, “strategici” per la Germania potrebbe anche essere considerata una notizia minore. Qualcosa di interno al cortile, piuttosto che all’Unione Europea di cui Germania e Italia sono fondatrici.

         L’esclusione, rivelata dal giornale tedesco Die Welt, è stata strappata al nuovo cancelliere Friederich Merz dai socialdemcratici, pur ridimensionati elettoralmente, nelle 144 pagine del programma prodotte in 62 giorni di trattative. Probabilmente, anzi auspicabilmente, la premier italiana Giorgia Meloni troverà il modo di parlare anche di questo con Mez in arrivo a Roma per   la messa di insediamento di Papa Leone XIV, domenica a San Pietro.

         Il ministro degli Esteri d’Italia, e vice presidente del Consiglio Antonio Tajani, uno dei vice presidenti del partito popolare europeo di cui fa parte il cancelliere tedesco, ha definito “sciocchezza colossale” quella compiuta nei riguardi dell’Italia, addebitandone tuttavia la responsabilità ai socialdemocratici e chiedendo, sfidando eccetera la sinistra italiana, in particolare il Pd della Schlein, a dissociarsene.

         Ma questo, francamente, appartiene all’abitudine di gettare la palla fuori dal campo in cui si gioca. Prima ancora della critica, certamente auspicabile, della Schlein ai socialdemocratici tedeschi, viene l’esigenza che Tajani, anche per la sua militanza politica comune con l’amico Merz, e il governo nel suo complesso chiedano chiarimenti e se la prendano col cancelliere che pur di fare il suo primo  governo ha ritenuto di poter rinunciare alla natura “strategica” dei  rapporti di amicizia e di alleanza con l’Italia.  

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