Va bene, anzi benissimo la festa del lavoro, sul quale d’altronde è fondata la Repubblica nata dalla Resistenza. Che è stata evocata cantando la Bella Ciao dei partigiani nel concertone del 1° maggio nella storica piazza romana di San Giovanni, gioiosamente riempita dai sindacati.
Meno bene, anzi malissimo l’occasione sfruttata dal gruppo dei Patagarri per cantare e gridare lo slogan della Palestina libera. In nome del quale si vuole, fra le armi di Hamas e gli incitamenti delle piazze non solo italiane, fare la festa agli ebrei. Una fine non metaforica ma fisica, sterminandoli o sequestrandoli per usarli come ostaggi nella guerra contro Israele.
Nel protestare contro questa infamia, promossa dal gruppo musicale al diritto artistico e sociale di “prendere posizione anche a costo di dividere”, il capo della comunità ebraica di Roma Victor Fadlun ha deplorato anche la circostanza dell’uso, da parte dei musicisti, di un canto della “nostra cultura”. Si è trattato, in particolare, di un brano che risale al 1917, a sostegno delle prime comunità ebraiche in Palestina.
Più che “dividere”, quindi, al concertone romano del 1° maggio si è finito per provocare.
Non mi risulta, almeno sinora, che qualcuno si sia scusato. E non mi faccio alcuna illusione che lo farà, almeno con sincerità.