Non so se Emilio Giannelli volesse più fare ridere o inorridire i lettori del suo Corriere della Sera proponendo, per la visita odierna alla Casa Bianca, una Giorgia Meloni al bacio dei glutei ricavati sulla faccia del presidente americano allungando le sue guance. Uno spettacolo più osceno che ridicolo.
La missione della premier italiana in America ha scatenato anche la fantasia all’indietro dei cosiddetti analisti. Alcuni dei quali si sono avventurati a paragonarla a quella di Alcide Gasperi nel gennaio del 1947, avvolto in un cappotto prestatogli da amici e deciso a portare a casa un assegno di 50 milioni di dollari. In cambio, fra l’altro, dell’impegno, mantenuto quattro mesi, di scaricare dal governo socialisti e comunisti. I primi vi sarebbero tornati col centro-sinistra “organico”, e Aldo Moro presidente del Consiglio, nel 1964. Gli altri invece non vi sarebbero tornati mai più, rappresentando il Massimo D’Alema del 1998 a Palazzo Chigi non il Pci, finito tra le macerie del muro di Berlino, ma la seconda delle sue varie, successive edizioni.
Giorgia Meloni al ritorno da Washington non dovrà scaricare nessuno dei suoi alleati di governo. Né il vice presidente leghista del Consiglio Matteo Salvini, più trumpiano o trumpista della premier, né il vice presidente forzista del Consiglio Antonio Tajani. Che è sì insofferente per ragioni di stile e di contenuto alle marce, retromarce, sceneggiate ed altro di Trump, ma altrettanto all’idea che si possa fare a meno degli Stati Uniti, pur nella versione trumpiana.
Per quanto difficile se finalizzata ad una mediazione fra le due rive dell’Atlantico, comunque coperta da un assenso della presidente della Commissione dell’Unione Europea Ursula von der Leyen, la missione della premier italiana è di per sé un passaggio importante per l’Italia in un momento non certo ordinario: nel bel mezzo di guerre che continuano e di un tentativo che accomuna un po’ Trump e Putin di ridisegnare spartizioni e influenze a 80 anni da quelle concordate a Jalta alla fine della seconda guerra mondiale.
Solo un autolesionismo da vignetta -magari di un’altra di Giannelli sul Corriere della Sera- potrebbe fare sognare in Italia un fallimento della Meloni a Giuseppe Conte e ad Elly Schlein, che si inseguono nella corsa a Palazzo Chigi come candidati alla guida della pur improbabile alternativa al centrodestra.