Il Conte alla guerra contro la Meloni decantato dal Corriere della Sera

Da Libero

Pur senza rinunciare, per fortuna e di frequente, alla sua solita ironia, temo che Fabrizio Roncone si sia fatto prendere un po’ la mano anche lui, più ancora di Marco Travaglio che vi ha partecipato fra i promotori, nel racconto sul Corriere della Sera della manifestazione romana e pacifista, almeno a parole, di Giuseppe Conte. “La prima” irruzione in piazza, ha osservato Fabrizio, da quando l’ex presidente del Consiglio e ora solo presidente di quel che è rimasto elettoralmente del MoVimento 5 Stelle se n’è davvero impadronito, liberandosi del ruolo ingombrante di garante di Beppe Grillo. Sotto le cui finestre romane, quelle dell’albergo dove il comico alloggia nelle sue trasferte capitoline, è quasi sfilato il corteo della pace contiana. O dell’abolizione della guerra, come fu quella della povertà trionfalmente annunciata dal balcone di Palazzo Chigi non più tardi di sette anni fa dall’allora vice presidente del Consiglio Luigi Di Maio per avere Conte appena varato col suo governo il famoso reddito di cittadinanza. Partorito giocando sui decimali con l’Unione Europea per rimanere, almeno formalmente, nei famosi parametri comunitari del deficit.

Dal Corriere della Sera

Anche Roncone è rimasto shoccato- ripeto: shoccato, non scioccato- dal corteo o colpo d’occhio “inatteso, imprevisto, clamoroso” prodotto dall’iniziativa di Conte e dal suo attacco verbale, disponendo per fortuna solo di parole e non di moschetti, alla “menzognera” premier Giorgia Meloni. Ancora illusa, secondo Conte, di vivere una “luna di miele” col Paese che governa.

Francesco Boccia e Giuseppe Conte in ordine alfabetico

Illusa tuttavia, nel racconto sempre di Roncone, è anche Elly Schlein, la segretaria del Pd, nel considerarsi o lasciarsi considerare, persino nello statuto del suo partito, la candidata a Palazzo Chigi se dovesse mai realizzarsi l’alternativa al centrodestra che Conte ha fiduciosamente intravisto, anzi visto nascere dalla sua manifestazione. Naturalmente nella speranza, anzi nella convinzione di essere lui invece il predestinato al ritorno alla guida del governo alternativo, ripeto, a quello della Meloni. Una predestinazione esorcizzata dalla Schlein tenendosi personalmente fuori e lontano dal corteo e affidando la rappresentanza del Pd a una delegazione capeggiata dal presidente del gruppo del Senato Francesco Boccia. Che ha rischiato di trovarsi con la Boccia, al femminile, Maria Rosaria: quella che l’anno scorso aveva prima graffiato, forse anche incerottato e poi fatto dimettere o deporre il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. Ora fiancheggia Rita De Crescenzo corsa a Roma contro le armi.

Il ritorno di Rocco Casalino

Un altro ritorno sulla scena, grazie al raduno di Conte, è stato quello del suo ex capo ufficio stampa a Palazzo Chigi Rocco Casalino, che non poteva certo perdersi lo spettacolo dell’ex premier “fresco e senza cravatta, messa al diavolo”. Un Rocco “radioso -ha raccontato Roncone- dello sfavillante casino grillino”: casino al minuscolo, essendo la maiuscola dovuta solo al cognome dell’interessato. Che nel 2019 inciampò pure lui, come l’allora premier, nella ricerca affannosa di una maggioranza per un terzo governo Conte, quando già Mario Draghi studiava, diciamo così, da successore.

Mao diceva che “grande è la confusione sotto il cielo”, ricavandone ottimismo per sé stesso. Qui, per stare all’immagine più casereccia di Roncone, grande è “il casino” delle opposizioni pur festosamente sfilate per le strade di Roma. Di cui lo stesso Roncone solo qualche giorno fa, prima di distrarsi un po’ seguendo e ascoltando il Conte dell’Esquilino e dintorni, aveva scrupolosamente elencato incidenti e contraddizioni in sole tre settimane di votazioni fra Parlamento europeo, Parlamento italiano e piazze sui temi non da avanspettacolo come sono quelli della difesa e della sicurezza. Che non possono essere appesi come caciocavalli a un so

ffitto, per quanta voglia si possa avere di scherzare. 

Pubblicato su Libero

Ripreso da http://www.startmag.it

Matteo Salvini a lunga scadenza alla guida del Carroccio leghista

Dal Corriere della Sera

Improbabile, a dir poco, presidente del Consiglio, pur candidato nella stessa denominazione del partito, Matteo Salvini resterà comunque segretario della Lega nella prossima legislatura, appena confermato per acclamazione dal congresso federale sino al 2029. Quando ha promesso di non riproporsi bastandogli e avanzandogli i 16 anni che saranno allora trascorsi dalla sua prima elezione. Al massimo, a livello di governo, potrebbe riuscirgli, essendosi ripromesso di “parlarne” con la premier Giorgia Meloni, di tornare a capo del Ministero dell’Interno, dove i suoi però lo vorrebbero già prima della prossima legislatura. Improbabile però anche questo.

Giorgia Meloni recentemente al congresso di Azione

A proposito della Meloni, l’”amica Giorgia”, come l’ha chiamata Salvini, non ha trovato il tempo e forse neppure la voglia di andare al congresso leghista di Firenze. Come ha fatto invece di recente a Roma andando a quello calendiano di Azione, che pure non fa parte, o non ancora, della maggioranza di governo. Vi si affaccia ogni tanto per votare leggi e simili che condivide, o semplicemente per fare dispetto a Matteo Renzi che aspira ad essere un pilastrino della improbabile -anch’essa- alternativa al centrodestra. Pilastrino, perché “il primo solido pilastro” lo ha prenotato o addirittura piantato Giuseppe Conte sgolandosi nella manifestazione di sabato ai Fori Imperiali e dintorni, indetta per fare della pace -ma più in particolare e fattivamente, del no al riarmo europeo- il primo obiettivo politico del suo movimento. E di una eventuale, eventualissima maggioranza su misura per lui.

Giorgia Meloni in videomessaggio a Firenze

La Meloni ha voluto o potuto limitarsi a mandare ai leghisti un breve videomessaggio di convenevoli, diciamo così, per chiedere di lavorare “pancia a terra” nel governo sino alla conclusione della legislatura, nel 2027 salvo anticipi, e riconoscere che “un congresso non è mai una perdita di tempo”. Ci mancherebbe altro, con quello peraltro che costano.

Di questa partecipazione a distanza della Meloni al congresso della Lega si vanteranno o si varranno Conte, Elly Schlein, Renzi eccetera per continuare a coltivare il sogno di una esplosione, anzi implosione della maggioranza che li obblighi magari a qualche accordo d’ufficio o d’emergenza. Come quelli che ai suoi tempi nel cosiddetto centrosinistra soleva fare, tra officine e cantieri, Romano Prodi senza ricavarne personalmente molti vantaggi, essendo entrambi i suoi governi durati meno di due anni ciascuno. E ancor meno -qualche giorno- la sua candidatura consolatoria al Quirinale gestita nel 2013 dall’allora segretario del Pd e presidente del Consiglio incaricato, o pre-incaricato, Pier Luigi Bersani.

Romano Prodi in videomessaggio a Bologna e Firenze

Anche Prodi è tornato ieri a farsi vedere e sentire, a Bologna e a Firenze, in un videomessaggio a manifestazioni di area che se dovevano  o volevano essere competitive col raduno romano di  Conte il giorno prima, sono fallite inorgogliendo ulteriormente il presidente del MoVimento 5 Stelle. O di quel che ne è rimasto elettoralmente.

Blog su WordPress.com.

Su ↑