Il ritorno di Virginia Raggi all’ovile di Giuseppe Conte

Dal Fatto Quotidiano

Anche Virginia Raggi, metaforicamente e nel suo piccolo, è tornata a casa, sotto il tetto di Giuseppe Conte di cui è sembrata ad un certo punto volesse o potesse diventare l’antagonista per vendicare Beppe Grillo. Di cui “è un grande peccato” -ha ribadito in una intervista al Fatto Quotidiano- la defenestrazione. Ma -ha riconosciuto l’ex sindaca di Roma- “i sondaggi dicono che siamo in salute”, non nel furgone mortuario esibito dal fondatore, al volante, nel pieno dello scontro con Conte.

“Grazie alla Costituente” voluta dall’ex presidente del Consiglio e ora presidente solo di ciò che è rimasto elettoralmente delle 5 Stelle, “siano tornati -ha detto al plurale la Raggi- a confrontarci su argomenti concreti, che riguardano le persone e i nostri valori”: dalle bollette della luce alla pace a qualsiasi costo in Ucraina e ovunque si combatta ancora. Il Conte pacifista piace insomma un sacco all’ex sindaca della Capitale, che gli ha perdonato anche i passi compiuti da presidente del Consiglio sula strada dell’aumento progressivo delle spese militari, prima ancora che ne maturasse il bisogno a livello europeo col piano di riarmo – o “Prontezza 2030”- contro cui i parlamentari delle 5 Stelle hanno votato a Strasburgo. Mentre quelli del Pd di Elly Schlein si sono divisi fra dieci favorevoli e undici obbedienti all’astensione critica ordinata dalla segretaria del partito. E considerata dalla Raggi, come da Conte, una quasi miserevole fuga.

Virginia Raggi d’archivio in Campidoglio

“Come sono i rapporti tra Lei e Conte?”, le ha chiesto pleonasticamente l’intervistatore del Fatto, dove l’ex premier continua ad essere considerato il migliore presidente del Consiglio avuto dall’Italia dopo Camillo Benso conte (al minuscolo) di Cavour. “Buoni, glielo assicuro”, ha risposto la Raggi pur continuando a ritemere Alessandro Di Battista quello che forse Conte non considera più: “un valore aggiunto”, da recuperare perché “per portare avanti le nostre idee servono i migliori”. “E lui è tra questi”, ha insistito l’ex sindaca. Alla quale le sarà forse venuto da piangere come da esordiente, a suo tempo, sul balcone del suo ufficio in Campidoglio, con la fascia tricolore addosso, fresca di insediamento a sindaca.  O sindaco, al maschile neutro .

Buttiglione controcorrente, come al solito, sfida Prodi a distanza

Da Libero

Rocco Buttiglione, il filosofo di cultura e religione cattolica prestatosi per un po’ alla politica negli anni della transizione fra la prima e la seconda Repubblica, senza mai barattare o nascondere le sue convinzioni per mantenere un posto, non ha perso il gusto di andare controcorrente. Come fece parlando dell’omosessualità agli esaminatori del Parlamento di Strasburgo e rimediando la bocciatura come commissario designato da uno dei governi Berlusconi. 

Berlusconi e Buttiglione d’archivio

Intervistato da Avvenire per parlare, fra l’altro, del rischio dell’irrilevanza che l’Europa corre nella tenaglia di una difficilissima congiuntura internazionale, Buttiglione  ha forse sorpreso anche alcuni dei vescovi italiani editori del giornale affidandosi alla premier Giorgia Meloni. “Chi può battere un colpo?”, gli ha chiesto Arturo Celletti a proposito della “scossa” necessaria perché l’Europa non sia “tagliata fuori” da un gioco a tre fra America, Russia e Cina per ridisegnare confini e influenze  dopo gli accordi conclusivi della seconda guerra mondiale, raggiunti a Yalta nel 1945, ottant’ani fa. E lui, pronto: “La voglio sorprendere: dico Giorgia Meloni. Oggi è il leader più forte che c’è in Europa”. Leader al maschile come notoriamente  preferisce  la Meloni  intestando le lettere e firmandosi come presidente del Consiglio. “Macron in Francia – ha spiegato Buttiglione- è debolissimo: resiste solo perché i suoi avversari sono divisi. Sanchez in Spagna ha una popolarità in caduta libera. La Germania non ha un governo. E Merz per ora è solo una bella speranza…Meloni ha un’occasione unica, irripetibile”.

Giorgia Meloni alla Camera

“Ma purtroppo oscilla, purtroppo esita”, ha tuttavia aggiunto Buttiglione. Che però non l’ha insultata come Romano Prodi, che la vede e indica ogni volta che ne parla come una versione femminile e irrimediabile dell’”Arlecchino servo dei due padroni”. Al contrario, memore del voto favorevole fatto dare suoi fratelli d’Italia al Parlamento di Strasburgo al piano di riarmo europeo, Buttiglione ha incitato positivamente la Meloni a “dire con forza e con nettezza che per la difesa europea serve un debito comune. Ridia all’Italia -ha aggiunto- un ruolo da protagonista. Lavori a un grande trattato per mandare al macero tutte le armi nucleari”. E non solo quelle detenute in Europa, al di qua e al di là della Manica, dalla Francia e dalla Gran Bretagna.

Non credo che di fronte a questa scommessa o incitazione alla Meloni l’antimeloniano a prescindere Romano Prodi possa improvvisare contro Buttiglione una replica della sceneggiata dell’altro ieri contro una giornalista che gli aveva fatto una domanda scomoda.

Rocco Buttiglione ad Avvenire

A proposito di questa sceneggiata, accesa dalle polemiche sul manifesto europeo di Ventotene scritto nel 1941 dai confinati antifascisti disposti a barattare l’unità continentale con la sospensione della democrazia e una limitazione indefinita della proprietà privata, sentite che cosa Buttiglione ha risposto ad una analoga, o quasi, domanda dell’intervistatore di Avvenire: “L’Europa non nasce da Ventotene e da Spinelli. Nasce da Schuman, da De Gasperi, da Adenauer. La sinistra guardava con diffidenza l’Europa. I cattolici costruirono le basi di un grande Progetto che oggi rischia di morire”. Non ha avuto quindi torto la premier italiana a non riconoscersi- peraltro in Parlamento, non in un comiziaccio elettorale- nelle parole certamente datate ma sicure di Spinelli, Rossi e Colorni.

Per fortuna Buttiglione è un uomo e non ha ciocche di capelli sulle spalle che Prodi possa toccare in un eccesso di reazione mimica che ha avvertito, lamentandosene, la giornalista di Rete 4 incorsa l’altro ieri nel cattivo umore dell’ex premier, ex presidente della Commissione europea, ex professore e via spulciando la sua biografia. Peraltro Prodi avrebbe anche qualche problema fisico a raggiungere le spalle del suo ormai lontano ex collega di partito o di area. Gli si dovrebbe arrampicare addosso.

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