Un Prodi furioso in soccorso a sorpresa della Schlein assente da Ventotene

Più che di un’analisi ha bisogno forse di una psicanalisi politica la scenata alla quale Romano Prodi, reduce da un’intervista al Corriere della Sera non proprio esaltante per la segretaria del Pd Elly Schlein, si è abbandonato contro la giornalista di Rete 4 Lavinia Orefici. Un Prodi più furioso del celebre Orlando di Ludovico Ariosto, al limite della scurrilità -con quel “cavolo” gridato contro la domanda della giornalista sulle polemiche intorno al manifesto europeista di Ventotene- e persino dell’incidente fisico. Almeno quello avvertito dalla giornalista, che ha lamentato di essersi sentita toccare una ciocca di capelli, fortunatamente senza perderla. Ne sono seguiti comunicati di protesta, appelli all’Ordine, dichiarazioni di solidarietà alla Orefici o a Prodi e via sguazzando in quello che si potrebbe definire un supplemento di uno spettacolo recente nell’aula di Montecitorio. Dove si è dovuta interrompere più volte la seduta per le proteste delle opposizioni contro la premier Giorgia Meloni che aveva citato un passaggio proprio del manifesto di Ventotene per non condividerlo, essendovi ipotizzata un’Europa “libera e unita” sì, ma a democrazia sospesa e con il diritto di proprietà messo a dura prova, diciamo così.

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“Ha mai sentito dirmi cose del genere?”, ha chiesto stizzito Prodi alla giornalista cercando poi di giustificare gli autori del manifesto per averlo scritto da confinati antifascisti a Ventotene nel 1941, in piena guerra dall’esito ancora tragicamente imprevedibile.  Ma oltre alla difesa dei compianti Altiero Spinelli, Enrico Rossi ed Eugenio Colorni premeva forse a Prodi la implicita difesa della segretaria del Pd Elly Schlein nelle proteste contro le critiche della Meloni al manifesto. Una difesa compensativa, riparatrice e quant’altro del dissenso, appena ribadito nell’intervista di Prodi al Corriere della Sera ancora fresca di stampa, rispetto alle scelte della Schlein alla guida del partito del Nazareno: dal mancato sì al piano europeo di riarmo alla evanescente alternativa al centrodestra.

La politica, si sa, è fatta di questi tatticismi. Poi ognuno, fuori e dentro il partito che vi è maggiormente interessato o coinvolto, usa ciò che ritiene più utile per analizzare persone e situazioni.

Da Libero

Di clamoroso o davvero sorprendente in questa storia c’è forse soltanto una certa scompostezza di Prodi, impostosi o distintosi in altre occasioni per una certa olimpica disinvoltura che ad altri sarebbe forse costata seri guai giudiziari. Penso naturalmente anche io alla vicenda, impietosamente ricordata dal direttore Mario Sechi su Libero, della seduta spiritica nella quale nel 1978 Prodi raccontò di avere sentito durante il sequestro di Aldo Moro una parola chiave di quella tragedia. Che era Gradoli, il nome non di un paesino dove furono inutilmente cercate poi tracce di Moro e dei suoi carcerieri, ma di una strada di Roma dove si trovava il covo delle brigate rosse usato da registi e autori  del sequestro. 

La segretaria del Pd come la Mariettina della ricotta perduta per strada

Da Libero

Vi ricordate la fiaba di Marietta, anzi Mariettina, la contadinotta che immaginava le fortune che avrebbe potuto fare vendendo al mercato la ricotta avuta in regalo da un pastore e sistemata in un cestello che portava baldanzosamente sulla testa? In un inchino mimato, pensando agli omaggi che avrebbe potuto ricevere standosene sul balcone di una bella casetta in campagna acquistata con i suoi guadagni, la poveretta perse la ricotta. Che non potette neppure mangiare per il fango nel quale era finita.

Chissà se Elly Schlein conosce questa fiaba, in una qualunque delle lingue che sa parlare, e che alterna come i passaporti dei quali è dotata. Ho tuttavia la sensazione che la stia vivendo nella sua esperienza di segretaria del Pd, eletta due anni fa grazie ai pastori grillini, chiamiamoli così, infilatisi nei gazebo per farla prevalere sul prescelto dagli iscritti, che era Stefano Bonaccini.

Presasi molto sul serio, come la Marietta con la ricotta, la segretaria del Pd ha immaginato fra qualche successo locale o sondaggistico di potere allestire in tempo per le prossime elezioni politiche un’alternativa vincente al centrodestra di Giorgia Meloni, estesa da Matteo Renzi a Giuseppe Conte.

Dario Franceschini

Non so se più stanco, deluso o preoccupato di averla a suo tempo aiutata nella scalata al Nazareno, un uomo come Dario Franceschini, di cultura e formazione democristiana che conosce il Pd come le sue tasche, ha recentemente consigliato alla Schlein dalla sua officina all’Esquilino, promossa eccentricamente ad ufficio, di togliersi dalla testa la ricotta. Cioè l’idea di potere affrontare e vincere le elezioni politiche con un’Armata Brancaleone come quella che lei “testardamente” persegue. Meglio andare alle elezioni separati, per fare ciascun partito il pieno dei voti, e tentare poi di mettersi insieme per governare.

Prodi e Schlein d’archivio

Manco per sogno, ha subito reagito un altro democristiano di origine controllata come Romano Prodi. Che, autore peraltro sfortunato di programmi di coalizione di più di 300 pagine, vista la brevità dei suoi due governi, ha detto alla Schlein -pur cresciuta nel Pd come una sua sostenitrice, insorta contro i franchi tiratori del partito che gli avevano impedito nel 2013 l’elezione al Quirinale- che quella di Franceschini è una strada quasi moralmente impraticabile in un sistema elettorale non più proporzionale.

Prodi, pur al netto dei soliti attacchi anche di villania gratuita alla Meloni, è appena tornato a tirare le orecchie alla Schlein in una intervista al Corriere della Sera contestandole la linea adottata sul riarmo dell’Europa. Il cui piano pure o soprattutto nella versione aggiornata di “Protezione 2030” sarebbe secondo lui “troppo prudente”. Altro che l’imprudenza avvertita dalla segretaria del Pd ordinando agli eurodeputati del Nazareno, anche a costo di spaccarne la delegazione, un’astensione critica.

Non parliamo poi, in tema dì Europa, i guai in cui la Schlein si è infilata contestando la contestazione, a sua volta, della premier Giorgia Meloni della parte del famoso manifesto di Ventotene, scritto nel 1941 dai confinati antifascisti Altiero Spinelli, Enrico Rossi ed Eugenio Colorni, in cui l’”Europa libera e unita” viene immaginata in sospensione della democrazia e in regime sostanzialmente collettivistico.

La delegazione del Pd ieri alla tomba di Altiero Spinelli, a Ventotene

Se Elly …Mariettina Schlein ha davvero avuto la tentazione di raggiungere gli amici e compagni di partito a Formia per imbarcarsi con loro ieri per un pellegrinaggio politico riparatore alla tomba di Spinelli a Ventotene, prima ancora del maltempo è stata forse trattenuta dalle interviste del sindaco dell’isola Carmine Caputo, prima al Foglio e ancor più poi a Libero. Da buon, risoluto, orgogliosamente democristiano, pur senza avere la notorietà di Franceschini e di Prodi, e dell’ornai veterano del Parlamento Pier Ferdinando Casini, egli ha condiviso la contestazione della Meloni. Sino a dichiararsi pronto ad invitarla e ospitarla in una trasferta politica a Ventotene, a opinione naturalmente invariata sull’omonimo manifesto.

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