Giorgia Meloni, dopo essersi concessa l’ultima evasione, chiamiamola così, incontrando ieri a Palazzo Chigi il re di Giordania, ha dunque finito di fuggire o nascondersi, secondo la rappresentazione fattane dalle opposizioni una volta tanto unite, o quasi: dalla segretaria del Pd Elly Schlein all’ex presidente del Consiglio e ora solo del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte.

La premier non ha potuto sottrarsi alle comunicazioni e alle votazioni, oggi al Senato e domani alla Camera, propedeutiche alla sua partecipazione, giovedì, al Consiglio Europeo. Che si riunisce in un contesto internazionale davvero straordinario, mentre Trump e Putin trattano la pace in Ucraina, dopo più di tre anni dalla guerra d’invasione cominciata dalla Russia, come se fossero loro due a disporne davvero, a prescindere non solo della stessa Ucraina ma anche dell’Unione Europea che ha avviato da tempo le procedure per associarla.

Ma più del ritorno in Parlamento, che avviene non per la loro azione ma solo per gli adempimenti istituzionali del governo alla vigilia dei Consigli europei, le opposizioni non hanno potuto strappare oltre alla Meloni secondo loro recalcitrante. Ma soprattutto, salvo imprevisti dell’ultima ora, non possono godersi lo spettacolo di una maggioranza che si divide nel voto sulle comunicazioni della premier, come sicuramente si divideranno invece le opposizioni. Se non addirittura il principale dei partiti di opposizione che è il Pd, spaccatosi pochi giorni fa nel Parlamento europeo sul riarmo proposto dalla presidente della Commissione di Bruxelles Ursula von der Leyen. Spaccatosi, in particolare, fra dieci europarlamentari favorevoli e undici astenutisi su ordine telefonico arrivato dal Nazareno, a Roma. Sarebbero stati undici contro dieci se Lucia Annunziata, convinta anche lei dichiaratamente del sì, non avesse avvertito la generosa delicatezza -non di più- di non fare trovare formalmente in minoranza nella delegazione del Pd la linea dettata dalla segretaria del partito, alla quale deve la candidatura da indipendente nelle liste che l’hanno portata al Parlamento europeo.

La maggioranza di governo, per carità, ha i suoi problemi anch’essa, di marca soprattutto leghista, nello scenario internazionale modificato dai rapporti in via di cambiamento fra gli Stati Uniti del presidente Donald Trump e la Russia di Putin, con annessi e connessi non solo ucraini. Ma sono problemi che Meloni riesce a gestire, disponendo evidentemente di una leadership che manca alle opposizioni, e persino -ripeto- al principale partito, il Pd, della ipotetica alternativa al centrodestra. Sembra una commedia, magari pirandelliana, ma è semplicemente la cronaca dei fatti.


