Le crisi parallele della maggioranza e delle opposizioni italiane in Europa

La vignetta del Corriere della Sera

Bellissima, più efficace di un editoriale, la vignetta del Corriere della Sera nella quale Emilio Giannelli fa dire alla segretaria del Pd Elly Schlein che “per il riarmo dell’Europa sono pronte le nostre divisioni”. Cioè quegli undici voti del Pd chiesti e ottenuti dalla stessa Schlein con la formula dell’astensione contro il piano di riarmo proposto dalla Commissione Europea e quei dieci invece favorevoli che hanno messo in evidenza due spaccature: quella interna al Nazareno, dove è destinata a crescere la tensione, e quella interna al gruppo del partito socialista europeo. Dove il Pd ha sulla carta la delegazione più numerosa. Una figuraccia che deve avere inorgoglito la presidente della Commissione Ursula von der Leyen dopo avere detto fuori dall’aula di Strasburgo ad un Giuseppe Conte che, giunto apposta dall’Italia, si vantava di capeggiare la sinistra contro di lei: “Io sono forte”. O più forte.

Peccato che il governo italiano, per quanto i giornali di area moderata abbiano messo in evidenza soprattutto o solo le “divisioni” del Pd, per dirla col vignettista del Corriere, non abbia potuto e non possa ascrivere a proprio merito la figuraccia della sinistra avendone fatto una analoga nell’Europarlamento. E due volte: una quando i leghisti hanno votato contro il riarmo spaccando la maggioranza e l’altra quando i fratelli d’Italia, e della Meloni, si sono astenuti, spaccando anch’essi la maggioranza di centrodestra, su un documento pur a favore dell’Ucraina aggredita dalla Russia di Putin, perché troppo polemico col tipo di pace voluto dal presidente americano Donald Trump.

Dalla Repubblica

La somma di questi spettacoli l’ha tirata, questa volta giustamente, la Repubblica di carta titolando sull’Italia divisa in Europa sul riarmo e dintorni. Un “riarmo” peraltro che è rimasto nel titolo del piano proposto dalla Commissione di Bruxelles, per quanto disagio o contrarietà fossero stati avvertiti per quella parola da partiti e delegazioni, non solo italiani, favorevoli alla linea di Ursula von der Leyen.

Dal Foglio

Lapidario e sarcastico è stato Il Foglio sul “trionfo dell’inconseguenza” nella maggioranza di centrodestra di fronte a Salvini che “vota no”, o fa vorare noi dai suoi, “al piano Ursula ma il governo ne impipa”.

La vignetta del Secolo XIX

Lapidaria sul versante opposto anche la vignetta di Stefano Rolli sul Secolo XIX, dove di “pacifico” davvero in quello che è successo parlando e votando di riarmo nell’Europarlamento è stato solo “il Pd spaccato”. Pacifico nel senso di certo, certissimo, non controvertibile.  

Ripreso da http://www.startmag.it

Mattarella fra il compiacimento e l’imbarazzo in quella sua “autosupplenza”

Dal Dubbio

Qualcuno -almeno fra gli addetti ai lavori, presumendo che molti non se ne siano neppure accorti- si sarà chiesto perché il presidente della Repubblica Sergio Mattarella non abbia ritenuto di affidare la supplenza al presidente del Senato Ignazio La Russa neppure in occasione del lungo viaggio ufficiale compiuto in Giappone.

L’articolo 86 della Costituzione glielo avrebbe consentito, stabilendo che “le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente del Senato”. Che di certo non ne rimarrebbe contrariato. Ricordo ancora nitidamente il compiacimento col quale la buonanima di Giovanni Spadolini mi ricevette una volta in uno dei suoi uffici di presidente del Senato, presidiato da Corazzieri, essendo in quel momento supplente del Capo dello Stato, impegnato all’estero. Rimasi estasiato e divertito della felicità che non riusciva a contenere nel viso e nella posa il “direttore”, come io ostinatamente continuavo a chiamarlo per avere egli scalato con successo la carriera professionale di giornalista, prima di essere consegnato alla politica dal comune amico Indro Montanelli. Che lo aveva  fatto candidare da Ugo La Malfa come indipendente al Senato, quasi per compensarlo della brusca perdita della guida del Corriere della Sera.

Mauro Zampini

Alla curiosità, ripeto, degli esperti sulla supplenza ancora una volta mancata della pur “persona di qualità alta” come La Russa al vertice dello Stato durante la lunga trasferta asiatica di Mattarella ha cercato di dare una risposta un esperto, pure lui di qualità alta, come l’ex segretario generale della Camera Mauro Zampini. Che in un articolo pubblicato sul suo Alto Adige di martedì scorsosuo, essendo egli nativo di Trento- ha scritto testualmente: “Oggi, dopo pochissimi giorni di assenza dall’Italia del Presidente Mattarella, con un perdurante e inquietante rifiuto del Presidente del Consiglio di dare conto (e magari di chiedere il sostegno con un voto) alle Camere di una situazione internazionale e nazionale angosciante per lo stesso futuro della democrazia e delle democrazie nel mondo, ci si rende conto dell’effetto rassicurante, familiare dei ripetuti, pressoché quotidiani messaggi inviati ai connazionali dal lontano Giappone”. Dove in effetti il Capo dello Stato è tornato a ripetere i suoi giudizi, fra l’altro, a favore dell’Ucraina aggredita dalla Russia di Putin, e non viceversa come il presidente americano ha concesso allo stesso Putin presumendo di incoraggiarlo finalmente alla pace, sazio del suo bottino.

Mauro Zampini sull’Alto Adige

Quella esercitata da Mattarella con le sue dichiarazioni, puntualizzazioni, risposte ai giornalisti e quant’altro nel lontano Giappone è stata per Zampini “una sorta di autosupplenza, di cui è arbitro unico: che può essere utile, a chi ascolta, per formare il giudizio sui progetti di riforma della nostra Costituzione preannunciati e legittimamente (sia chiaro) perseguiti dal Governo”. Progetti -ha notato l’ex segretario generale della Camera- “comprensivi di una compressione inevitabile del ruolo del capo dello Stato”.

Non si può neppure dire che Zampini abbia detto a suocera perché nuora intenda, secondo un vecchio proverbio, perché l’assalto al progetto di riforma costituzionale del governo sul premierato è stato ed è diretto.

Curiosità per curiosità, mi piacerebbe tanto sapere se Mattarella leggendo Zampini, che peraltro conosce bene essendo stato pure lui di casa a lungo a Montecitorio, sia rimasto più compiaciuto o imbarazzato. Ma da giornalista sono forse troppo curioso.

Pubblicato sul Dubbio

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