Donald Trump, il quarantasettesimo presidente americano che sta producendo decreti come funghi nel bosco dopo una pioggia, probabilmente non ha letto in nessuna lingua i Promessi Sposi di Alessandro Manzoni. E non li ha letti neppure Elon Musk. Sennò forse -ripeto, forse- Trump non avrebbe insistito con quel “senso comune” che ritiene di rappresentare e si è proposto di ripristinare nei suoi Stati Uniti e altrove, con le buone o le cattive. Ma prevalentemente con le cattive, si ha la sensazione sentendone o leggendone le parole, in originale o nelle traduzioni di cui si deve accontentare chi non capisce l’inglese e vive quindi in condizioni di handicap.

Quell’ingenuo, sprovveduto, arcaico, cavernicolo romanziere milanese, alla cui lettura si sono formate generazioni di italiani, compreso il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che lo cita ogni volta che può, scrisse dei disordini, delle paure e d’altro ancora cresciuti a Milano ai tempi della peste, nel Seicento, addebitandoli proprio al “senso comune”, che aveva sostituito il “buon senso”.
Personalmente credo più al “buon senso” rimpianto dal Manzoni che al “senso comune” cavalcato da Trump, per cui sono rimasto di stucco nel leggere il politologo Giovanni Orsina, addirittura, che sulla Stampa di ieri ha optato più o meno consapevolmente pure lui più per Trump che per Manzoni.

“La politica del senso comune- ha scritto Orsina- non tutelerà magari i “veri” interessi dei cittadini, ma guarda al mondo così come lo guarda la maggioranza di loro, prova a rispondere ai loro bisogni così come li pensa la maggioranza di loro, prova a rispondere così come li pensa la maggioranza di loro. Chiunque, in maniera del tutto legittima, detesti Trump e voglia vederlo sparire il prima possibile, dovrà confrontarsi col senso comune al quale lui parla, dovrà trovare dei modi alternativi per entrare nella concreta vita quotidiana dell’elettore medio. Ma, ad ascoltare il diluvio di parole che si stanno producendo in questi giorni contro il nuovo presidente, mi pare che quell’obiettivo sia ancora molto lontano”.
Leggo e rileggo queste parole di Orsina, professore di storia contemporanea alla Luiss, e non riesco a condividerle. Preferisco quelle di Manzoni. E vorrei che qualcuno trovasse il tempo e avesse la possibilità di tradurle a Trump sfidando anche i suoi sberleffi. E i cappelli della moglie.





