La conferenza stampa di Giorgia Meloni come una passeggiata

         Programmata con un fortunato ritardo, a dir poco, quasi prevedendo al minuto secondo la soluzione del caso che le aveva rovinato le feste di Natale e di Capodanno, costituito dalla detenzione- sequestro di Cecilia Sala in Iran, la conferenza stampa d’inizio del 2025 è stata per la premier Giorgia Meloni una passeggiata. E per i suoi avversari una partita a porta vuota, ma la loro.

         E’ stata fortunata la presidente del Consiglio anche nel liberarsi del passaggio della visita di commiato di Joe Biden a Roma.  Che poteva assumere aspetti un po’ imbarazzanti per il rapporto “non so se privilegiato, ma molto solido di certo”- come lei stessa ha detto parlandone ai giornalisti-  col suo successore alla Casa Bianca Donald Trump. Nella cui residenza privata, in Florida, la premier è volata con una missione fulminante presumibilmente decisiva, quanto meno, per chiudere la vicenda della giornalista italiana detenuta e sequestrata con la sua liberazione. Che non è stata contestuale ma appare chiaramente il presupposto di una mancata estradizione negli Stati Uniti dell’’ingegnere iraniano Abedini: l’uomo dei droni il cui arresto in Italia aveva provocato quello di Sala a Teheran.

         Gli incendi in California hanno creato l’emergenza che è quanto meno servita a risparmiare a Biden una visita diventata un po’ pleonastica, essendo di fatto -almeno per i rapporti fra Italia e Stati Uniti, e viceversa- già cominciata l’era del secondo Trump.

         Di quest’ultimo la premier italiana ha voluto essere in qualche modo l’interprete autentica, nella conferenza stampa romana, anche sul versante della guerra in Ucraina. Il cui territorio occupato dai russi con una operazione speciale che doveva durare “tre giorni” ma sta entrando nel terzo anno, è aumentato di meno dell’uno per cento, ha ricordato Meloni contestando le autocelebrazioni vittoriose di Putin e sostenitori.  I quali a questo punto risultano avere un interesse alla pace di gran lunga superiore alle apparenze. In particolare, il territorio ucraino occupato dai russi è passato dal dicembre 2022 ad oggi dal 17,4 al 18 per cento: lo 0,6 per cento in più, con perdite umane e materiali incommensurabili.

Ripreso da http://www.startmag.it

Il fantastico ritorno di Cecilia Sala in Italia in un altro blitz di Giorgia Meloni

L’abbraccio di Cecilia Sala col fidanzato a Ciampino

         Fantastico. Giorgia Meloni è tornata a stupire gli amici e ancor più gli avversari ottenendo dal regime iraniano la liberazione della giornalista italiana Cecilia Sala andandola ad accogliere personalmente all’aeroporto di Ciampino. La premier ha saputo tessere una tela di relazioni internazionali che l’accreditano ulteriormente anche al di là dell’Europa, dove pure l’avevano rappresentata come isolata.

         Di isolate, qui, rimangono solo le opposizioni, costrette ad applaudire nelle aule parlamentari il governo, e non solo a ringraziare genericamente “tutti quelli che hanno contribuito” a risolvere in meno di un mese un intrigo internazionale aggravato dal passaggio in corso tra il presidente uscente e quello entrante degli Stati Uniti.  Un passaggio che non ha impedito alla Meloni di volare dal presidente eletto, Donald Trump, senza aspettarne l’insediamento e, al tempo stesso, compromettere i rapporti col presidente Joe Biden ancora in carica, e per giunta in arrivo a Roma per le sue ultime visite di commiato sulle due rive del Tevere poi annullate per sopraggiunte emergenze da incendi in America.

Il post di Matteo Renzi su X

         Lo sforzo maggiore di disinvoltura in questa consolante pagina per l’Italia è stato forse quello di Matteo Renzi. Affrettatosi alle 11,39 di ieri a comunicare attraverso X  dell’odiato Elon Musk, non appena annunciata da Palazzo Chigi la liberazione di Cecilia Sala già sulla strada del ritorno, il suo “grazie al governo, ai servizi, alla famiglia”. E la partecipazione ad una festa di “tutto il Paese, senza distinzioni e polemiche”. Che però lui aveva sollevate reclamando “tavoli” con tutte le opposizioni, compresa la sua, cui  la Meloni si sarebbe sottratta con un protagonismo persino superiore al suo quando gli capitò di fare il presidente del Consiglio. E di incartarsi in un referendum estremamente personalizzato, e per questo perduto, su una incolpevole riforma costituzionale. Che pure meritava di essere approvata.

Romano Prodi a Otto e mezzo

         Ha fatto concorrenza a Renzi, nella disinvoltura, il due volte ex presidente del Consiglio, e persino ex presidente della Commissione europea, Romano Prodi. Che, ospite riverito di Lilli Gruber a Otto emezzo, su La 7, è tornato a dare alla Meloni, pur riconoscendole il successo politico della liberazione di Cecilia Sala, della “obbediente” a Trump. O della “Trump card” suggeritagli, sempre nel salotto della Gruber, da Massimo Giannini. Una Trump card tradotta dal pluri-ex in “cavallo di Troia”. In cui Trump e simili si sarebbero infilati per distruggere l’Europa. Sembrava una seduta spiritica anche quella dalla Gruber. Ma non lo era per mancanza di spiriti, nel frattempo distratti dalla “vittoria di Meloni”.  Che si sono rassegnati a riconoscere nella titolazione della loro prima pagina anche quelli di Domani, il giornale di super opposizione di Carlo De Benedetti.

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