Se neppure il Vangelo è rispettoso della sacralità della magistratura

Giuseppe Santalucia

         C.1657 non è la sigla di un cacciabombardiere o di un missile intercettato da Giuseppe Santalucia dalla sua postazione di presidente dell’associazione nazionale dei magistrati, in vigilanza continua dell’autonomia, indipendenza, sovranità, onorabilità e quant’altro delle toghe italiane. E’ solo il numero assegnato negli uffici competenti ad una proposta di legge della deputata leghista Ingrid Bisa, di Asolo, 46 anni, avvocato di professione. Che con altri colleghi di partiti anche diversi dal suo, fra cui il renziano Davide Faraone, vorrebbe che fosse dedicata una giornata alla “memoria -testuale- delle vittime di errori giudiziari”. Come ce ne sono per le vittime del terrorismo ed altro, in un elenco di una sessantina di titoli.

         Per ragioni di riguardo verso la magistratura, mai abbastanza rispettata però secondo chi ne reclama la sacralità, nell’abitudine consolidata di accorciare al massimo i titoli anche delle leggi si è preferito chiamare sui giornali e nel dibattito politico la celebrazione proposta dalla Bisa “giornata delle vittime della malagiustizia”, anziché della giustizia tout court. Cone si chiamano vittime della strada quelle degli incidenti automobilistici, o dell’aria quelle degli incidenti aerei, o del lavoro quelle nei cantieri, della sanità quelle degli incidenti sanitari e via dicendo. Anche Gesù nel discorso delle Beatitudini riportato nel vangelo di Matteo promosse a beati, appunto, “i perseguitati per causa della giustizia” promettendo loro il compensativo “regno dei cieli”.

         Personalmente, non sentendomi vincolato ad alcuna formula farisaica, specie poi se reclamata con poco o nessun riguardo dagli interessati avvolti nella loro presunzione di superiorità morale, continuerò a scrivere di questa giornata sinteticamente come di quella delle vittime della giustizia, se mai davvero la deputata leghista e i suoi colleghi riuscissero a fare approvare la loro proposta in entrambi i rami del Parlamento, a farla promulgare fra le prevedibili proteste dell’associazione nazionale dei magistrati e farla sopravvivere ad un referendum abrogativo. Che verrà, probabilmente anch’esso, tentato per difendere il buon nome della magistratura così maldestramente minacciato dalla solita politica dei peggiori istinti o abitudini.  

Gaia Tortora

         Naturalmente condivido in pieno il sentimento di “pena” espresso severamente dalla figlia di Enzo Tortora, Gaia, e collega giornalista, per l’astensione adottata nella Commissione Giustizia della Camera dai parlamentari del Pd di Elly Schlein recependo le preoccupazioni e le critiche del presidente dell’associazione nazionale dei magistrati. E magari deludendolo per il mancato voto dichiaratamente contrario.  Una pena pari solo all’indignazione che merita il ricordo della tragedia di Enzo Tortora, arrestato ingiustamente per camorra il 17 giugno 1983, esibito in catene e morto di un tumore non estraneo alla sua disavventura giudiziaria. Un 17 giugno che dovrebbe servire ogni anno a ricordare anche lui.      

Tutti i paradossi politici della premier Giorgia Meloni e dei suoi avversari

Dal Dubbio

Più crescono le quotazioni internazionali della premier Giorgia Meloni, la leader “più forte in Europa” secondo Politico.eu anche per la “stabilità” del   suo governo, più aumentano paradossalmente i problemi interni. Che nascono spesso non tanto dalle opposizioni, deboli proprio per il plurale con cui bisogna continuare a scriverne, quanto dalla stessa maggioranza attraversata da quelle che la Meloni ha definito “schermaglie”, per ridurne portata e significato. Ma esse fanno obbiettivamente troppo rumore, a dir poco, per essere davvero archiviate con quel termine.

Sergio Mattarella

         Lo penso e lo scrivo pur al netto delle dosi eccessive di fantasia che trovo tra cronache e retroscena giornalistici, che mi appaiono spesso finalizzati più ad alimentare zizzania o ambizioni del bosco e sottobosco politico che ad informare. Mancano ancora più di quattro anni alla scadenza del secondo mandato di Sergio Mattarella al Quirinale, per esempio, e già si scrive e si fantastica di trame, o simili, per delinearne il successore. Accadeva anche nella cosiddetta prima Repubblica, dove però c’erano partiti solidi che si potevano permettere campagne così lunghe.

         Alle schermaglie di definizione meloniana si aggiungono, nei confini della maggioranza e oltre, pasticci come quello appena prodotto dalla decisione della Cassazione, pur non definitiva, spettando l’ultima parola alla solita Corte Costituzionale, sulla permanente praticabilità del referendum abrogativo della legge sulle cosiddette autonomie differenziate regionali.

Carlo Nordio

         Il ministro competente, e leghista, Roberto Calderoli ha contestato alla Cassazione la scorrettezza di avere anticipato ai giornali e non a lui contenuto e motivazioni della decisione o tentativo di salvaguardare il referendum abrogativo di una legge in pendenza delle modifiche che il Parlamento dovrà apportarle in sette punti contestati dalla Corte Costituzionale. Ma, più che un problema d’informazione, sospetto che quello di Calderoli sia stato un problema di sorpresa. Che credo condiviso anche dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, ben più competente di lui, che si era esposto a dubitare pubblicamente della praticabilità di quel referendum dopo gli aggiornamenti reclamati dai giudici della Consulta. E apportabili dal Parlamento in tempi francamente incompatibili con quelli ormai stretti politicamente che ci distanziano dalla primavera referendaria.

Quest’ultima tuttavia prevede altri cinque referendum, sempre abrogativi, su cui le opposizioni contano di mettere in difficoltà il governo per indebolirne la maggioranza, anche se sarà difficile, per le abitudini astensionistiche ormai prese dall’elettorato, raggiungere la partecipazione indispensabile -il cosiddetto quorum- per renderne validi i risultati.

         Si vedrà insomma se la primavera referendaria si risolverà a favore della Meloni, non compromettendone la forte immagine internazionale, o dei suoi avversari. Ma si vedrà anche se l’istituto del referendum abrogativo sopravviverà alla crisi in cui si dibatte ormai da tempo.

Pubblicato sul Dubbio

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