
Pur sorpassato sulle prime pagine dei giornali dal licenziamento di Beppe Grillo come consulente , per ora, in attesa di esserlo anche come garante delle 5 Stelle ormai di Giuseppe Conte, non merita di essere ignorato il tema dello scontro fra governo e magistrati, o viceversa. Su cui, a 80 anni compiuti il 10 ottobre scorso, in pensione da 9 dopo avere fatto il capo della Procura della Repubblica di Milano, e prima ancora il presidente di “Magistratura democratica”, la corrente più a sinistra delle toghe, nonchè il presidente dell’Associazione Nazionale dei Magistrati, ha voluto intervenuto ieri sulla Stampa Edmondo Bruti Liberati. Che ha rivendicato il diritto delle toghe di “disturbare” il governo, come una volta non si poteva fare col “manovratore” di un tram.

Bruti Liberati non ha dubbi che le competenze nella gestione dell’immigrazione irregolare non appartengano tutte al governo che le rivendica, almeno nella individuazione dei paesi sicuri dove potere almeno tentare di rimandare chi è sbarcato in Italia da clandestino. E, in polemica con quanti, fra i quali un altro ex magistrato che ora è ministro della Giustizia, Carlo Nordio, richiamano le toghe a riflettere sulla popolarità che esse hanno perduto da quando hanno preso a disturbare il manovratore politico, Bruti Liberati ha opposto un sondaggio effettuato nello scorso mese di settembre dall’Istituto Eumetra. Da cui risulta che davvero il 54 per cento del pubblico critica la magistratura, contro il 42 per cento che continua a riservarle fiducia. Ma è “una minoranza -ha avvertito Bruti Liberati, come per rivendicare il diritto degli ex colleghi di irrigidirsi- molto consistente, tanto più se si raffrontata al livello di fiducia espresso sui partiti (19%) e sul Parlamento (32%)”.

Questo paragone -ha aggiunto il super ex, per quanto non emerito come si può dare ad altri pensionati- “ non consola, anzi preoccupa per lo scarso livello di fiducia verso altre istituzioni fondamentali della democrazia”. La quale però è scesa a questi livelli, appunto, con i partiti e persino il Parlamento dove essi sono rappresentati, per la sensazione avvertita forse dalla maggioranza dell’opinione pubblica -il già ricordato 54 per cento- che siamo ormai in una Repubblica giudiziaria. Dove partiti e Camere hanno da almeno una trentina d’anni a questa parte rinunciato alle loro prerogative rendendo i magistrati “una casta di intoccabili”, come ha scritto e titolato proprio oggi sulla Stampa il buon Mattia Feltri occupandosene. O salendo su un tram giudiziario dove il manovratore non può essere e neppure sentirsi disturbato.




































