Il centrodestra scosso a sorpresa da Pier Silvio Berlusconi

Da Repubblica

In otto centimetri quadrati della prima pagina del Giornale, che si può considerare di casa da quelle parti, si trova rappresentata, fra titoli e foto, la scossa sismica subita dal centrodestra italiano nelle ultime 24 ore. E annunciata da Repubblica con questo unico e laconico titolo: “Pier Silvio scuote la destra”. Dove Pier Silvio è naturalmente il figlio più noto ed esposto di Silvio e basta: il fondatore di Foza Italia e del centrodestra ed ex presidente del Consiglio, morto poco più di un anno fa e già intestatario di un aeroporto -quello di Malpensa- per iniziativa del vice presidente del Consiglio e leader leghista Matteo Salvini. Di cui il figlio ha tenuto a non condividere pubblicamente i “tempi”, troppo rapidi. Che si sono prestati a polemiche un po’ sgradevoli.

Dalla Stampa

         Ma, più che per la protesta – valorizzata dalla Stampa- contro i tempi, modalità e quant’altro voluti da Salvini per l’intestazione dell’aeroporto di Malpensa allo scomparso ex presidente del Consiglio, il figlio di Berlusconi è finito sulla prima pagina del Giornale per avere sostenuto in un evento, diciamo così, aziendale che “serve una nuova Forza Italia”, essendo i moderati “senza leader”. E dovendosi offrire, garantire e quant’altro ad essi  “un partito di sfida, non di resistenza”. Tutto tra virgolette nella titolazione del quotidiano ancora in parte di famiglia.

Dal Giornale

         Dette da un figlio che sente dichiaratamente di avere ereditato dal padre un certo “dna politico”, queste cose hanno prodotto comprensibile clamore nel centrodestra, ma più in particolare dentro il partito di cui Berlusconi ha lasciato in eredità i debiti alla famiglia, che li ha accettati. Un clamore non placatosi con la “calma” raccomandata dal segretario del partito e vice presidente del Consiglio Antonio Tajani dopo una telefonata con l’interessato. “Sfiducia? No, è con me”, gli ha fatto dire il Giornale, a proposito dei rapporti con Pier Silvio, in uno dei tre titoli della parte centrale della prima pagina, in quegli otto centimetri quadrati di cui ho scritto all’inizio.

         Il terzo titolo, in verità, riguarda il centrodestra solo di sbieco. E’ dedicato ad una partita di calcio benefica fra parlamentari e cantanti in cui hanno giocato insieme e si sono abbracciati davanti al fotografo l’ex segretario del Pd Matteo Renzi e la segretaria in carica Elly Schlein, riuscita a segnare grazie a lui un gol, per quanto inutile perché in fuori gioco e quindi annullato. E così. grazie anche alla finestra fotografica di una partita al pallone, si allontana ancora di più la prospettiva, possibilità, speranza, sciagura -secondo i gusti- di una convergenza di Renzi a destra per irrobustirne la componente di centro. Al recente voto parlamentare dei renziani a favore della legge Nordio sull’abolizione del reato di abuso d’ufficio e altro non va dunque dato il significato di chissà quale anticipo di chissà quale altra operazione. Il cuore di Renzi sembra essere tornato a battere a sinistra, complice anche il calcio.  

Ripreso da http://www.startmag.it

L’Italia crocerossina di Parigi e Berlino proposta a Giorgia Meloni

Dal Dubbio

Mi sto ancora stropicciando gli occhi, anche mentre scrivo, per essermi trovato d’accordo sulla conclusione dell’editoriale di ieri del Fatto Quotidiano. Dove -spaziando tra una costa e l’altra dell’Atlantico, dall’orecchio fasciato di Donald Trump, l’ex presidente degli Stati Uniti ormai  lanciato verso la riconquista della Casa Bianca da quel giovanotto che lo ha mancato di qualche millimetro o centimetro, all’orecchio libero di Giorgia Meloni, cui tutti sussurrano consigli su come comportarsi nell’Unione Europea-  Marco Travaglio ha chiesto: “Ma perché un cittadino dovrebbe votare se tutti s’impegnano a convincerlo che, passata la festa, a decidere è sempre quell’invisibile pilota automatico che trasforma ogni voto di cambiamento nella più bieca restaurazione?”.

Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano di ieri

         Magari, per non tradire le sue abitudini il direttore del Fatto ha esagerato nel parlare di “bieca restaurazione”, ma ci ha azzeccato in pieno col “pilota automatico”. Col quale molti vorrebbero che continuasse ad essere governata, gestita e quant’altro, per esempio, la comunità europea che chiamiamo Unione, a prescindere dai risultati delle elezioni che ne hanno rinnovato il mese scorso il Parlamento. Di cui non a caso è stata appena rieletta con più voti di prima la maltese Roberta Metsola. E sta forse per essere confermata alla presidenza della Commissione, salvo clamorose sorprese, la tedesca Ursula von der Leyen. Alla quale -dicono i bene informati- dall’esterno, non facendone parte, la premier italiana non ha ancora deciso, non sa, e si spera che scoprirà in tempo quale voto indicare agli europarlamentari italiani eletti nelle liste da lei capeggiate in ogni parte della Nazione, come lei preferisce definire quello che altri chiamano Paese.

Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni

         La conferma della von der Leyen, ormai Ursula familiarmente e più o meno simpaticamente , potrebbe anche essere, per carità, la migliore soluzione possibile. E persino la più conveniente all’Italia per il posto che le sarà alla fine destinato nella Commissione pensando all’attuale ministro Raffaele Fitto o altri. Ma ciò che stona un po’ con la democrazia intesa come quella cosa che alle determinate scadenze fa i conti con gli elettori per essere smentita o confermata, corretta o rovesciata, secondo i casi, è la pretesa di affidarla appunto ad un pilota automatico, come scrive Travaglio. E quello implicito, per esempio, nel lungo articolo in cui sul Corriere della Sera, rivolgendosi a lei anche direttamente, il senatore a vita Mario Monti ha praticamente consigliato alla Meloni di fare la crocerossina non tanto della Francia e della Germania quanto dei loro vertici, per aiutarli a superare le difficoltà in cui si trovano. In Francia addirittura il presidente Emmanuel Macron deve sciogliere il nodo della formazione del nuovo governo dopo avere sciolto anticipatamente l’Assemblea Nazionale per semplificarsi la vita, secondo le intenzioni: almeno quelle attribuitegli pensando ai tre anni ancora che gli rimangono del secondo ed ultimo mandato all’Eliseo.

         Il soccorso di Roma a Parigi e Berlino sarebbe dovuto per un “punto di riferimento” dovuto alle pure “malconce” Francia e Germania e per il rischio dell’Italia, evidentemente anch’esso dovuto, di trovarsi esclusa da due trittici immaginati, vaticinati e non so cos’altro da Monti. Uno, di carattere economico, sarebbe costituito da Francia, Germania e Spagna. L’altro, attinente alla difesa e alla sicurezza, peraltro con guerre non fredde ma calde in corso dentro e sui suoi confini, sarebbe costituito da Francia, Germania e Polonia.

         Con tutto il rispetto personale e istituzionale dovuto a chi ha tanto onorato l’Italia da esserne diventato senatore a vita per nomina presidenziale, un attimo prima di assumere peraltro la guida di un governo tecnico di emergenza, il ragionamento di Monti sembra di quelli adatti più ad allontanare che ad avvicinare i già tanti diffidenti elettori alle urne, facendoli sentire semplicemente inutili. E’ un ragionamento che fra i vari miracoli ha prodotto quello accennato della mia convergenza personale con Travaglio. E degli occhi che continuo a stropicciarmi anche ora che ho smesso di scrivere.

Pubblicato sul Dubbio

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