L’effetto Trump è stato avvertito anche a Bagnoli, Italia….

Pur ignorato da quasi tutte le prime pagine dei giornali, occupate ancora dalle notizie sull’attentato all’ex presidente americano, e ricandidato alla Casa Bianca, l’effetto Trump si è avvertito anche nella modesta politica italiana: in quello che qualcuno ha chiamato “il siparietto a Bagnoli”. Dove la premier Giorgia Meloni e il governatore della Campania Vincenzo De Luca hanno fatto pace, o quasi, dopo che lui le aveva dato a distanza della “stronza” e lei glielo aveva rinfacciato al primo incontro pubblico.

Il governatore con la solita disinvoltura ha rivendicato la sua natura “civile” e la premier l’ha salutato credendogli, o mostrando di credergli, con tanto di sorriso e stretta di mano su un palco dove si celebrava un nuovo impegno per il risanamento dell’area di Bagnoli devastata dalla passata produzione dell’acciaio.

Dal Fatto Quotidiano

         L’effetto Trump è quello espresso dal titolo di copertina dedicatogli dal Fatto Quotidiano: “Il piromane pompiere”. Pompiere in entrata, con la solidarietà ricevuta dal presidente uscente Joe Biden, anche lui ancora in corsa per un secondo mandato alla presidenza degli Stati Uniti, e in uscita con comizi e iniziative meno incendiarie del solito. Il suo contributo all’esasperazione della lotta politica oltre Atlantico non si può certo ignorare solo perché Trump ha rischiato di rimetterci la pelle, avendo incautamente armato d’odio e di fucile un giovanotto che lo ha mancato di qualche millimetro, ferendolo solo di striscio ad un orecchio e venendo ucciso prima che potesse continuare o riprovare a colpire mortalmente il bersaglio.

Dal Secolo XIX

         In attesa che la moderazione dei toni negli Stati Uniti non si traduca nella vignetta di Stefano Rolli sul Secolo XIX, dove il malintenzionato di turno acquista in armeria anche un silenziatore, si spera che in Italia la lezione americana non si fermi al già ricordato “siparietto” di Bagnoli. Dove la Meloni e Vincenzo De Luca -quello vero, autentico, non imitato da Maurizio Crozza- si sono dati la mano e scambiato sorrisi, anche se più largo quello di lei e più stretto quello di lui. Ben oltre Bagnoli, in Italia il problema è di smetterla di rappresentare la democrazia minacciata di giorno e di notte da quella che ben prima di Elly Schlein al Nazareno, Giuseppe Conte a Campo Marzio, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni in Piazza Montecitorio, viene chiamata “la Ducia” da uno come Carlo Rossella. Che pure, messe ormai in archivio le sue passate simpatie per il comunismo e diventato amico e sostenitore di Silvio Berlusconi, aveva mostrato di condividerne anche l’alleanza con la destra.

Berlusconi ferito a Milano nel 2009

         Bisognerebbe finirla di intossicare i rapporti e il dibattito politico col fascismo alle porte, anzi già dentro casa. Fu scambiato a Milano per l’uomo nero pure Silvio Berlusconi, Che si rimise un dente con quella statuetta del Duomo lanciatagli in faccia. E del Berlusconi “divisivo, per quanto morto da più di un anno, ancora si grida oggi perché è stato intestato alla sua memoria l’aeroporto di Malpensa.

Il rimpianto assordante dei processi inutili per abuso d’ufficio

Dal Dubbio

Nonostante i risultati catastrofici previsti – se non auspicati- da chi ha votato contro e dall’associazione nazionale dei magistrati, o suoi vertici, vanno naturalmente tutti verificati gli effetti giudiziari della legge che il ministro della Giustizia Carlo Nordio è appena riuscito a fare approvare definitivamente dalla Camera. Essa abolisce il reato di abuso d’ufficio, limita la diffusione delle intercettazioni in cui cadono anche terzi, rende inappellabili le sentenze sui reati minori, impone – sia pure a scadenza non immediata- decisioni collegiali sugli arresti chiesti dal pubblico ministero durante le indagini e altro ancora.

E’ un anticipo della riforma della Giustizia, in attesa della separazione delle carriere dei giudici e dei magistrati d’accusa. Che i forzisti hanno intestato  a Silvio Berlusconi, così come Matteo Salvini da ministro delle Infrastrutture, infaticabile nel suo lavoro di spiazzamento di amici e nemici, ha voluto fare con l’aeroporto di Malpensa, non volendo aspettare il ponte sullo stretto di Messina che aveva promesso alla memoria del Cavaliere.

Il campo larghissimo contro il governo in posa davanti alla Cassazione

         In attesa di valutare gli effetti giudiziari, ripeto, si possono vedere gli effetti politici della legge Nordio. Il primo, più vistoso dei quali è l’incenerimento della foto nella quale hanno recentemente posato sotto la statua di Cavour, e davanti alla Cassazione, protagonisti, attori e comparse del campo largo, anzi larghissimo, contro il governo Meloni. Che si voleva quel giorno e si vorrebbe ancora sperimentare in un referendum abrogativo della legge sulle autonomie differenziate delle regioni in qualche modo prenotato presso la suprema Corte. Un referendum però che gli stessi promotori sanno essere minacciato dall’inconveniente ormai consueto dell’affluenza alle urne inferiore alla metà più uno degli elettori aventi diritto al voto, secondo la prescrizione dell’articolo 75 della Costituzione.

          Ma senza aspettare questo referendum, se supererà l’esame preventivo della Corte Costituzionale, la compagnia della foto nota ormai come quella “dalla Bindi alla Boschi”, pur accanto una all’altra davanti all’obbiettivo, si è spaccata sulla legge Nordio. Che è stata votata anche dai parlamentari riconducibili ai terzi Calenda, Della Vedova e Renzi, in ordine rigorosamente alfabetico. Terzi, poi, per modo di dire perché, a parte la importante e significativa legge Nordio, essi penzolano ormai sempre di più verso il Pd di Elly Schlein. Che al suo esordio, l’anno scorso, aveva indotto Renzi a fare le solite provviste di popcorn.

Si è rivelata insomma una compagnia, quella della foto “dalla Bindi alla Boschi”, pasticciata quanto le altre che l’anno preceduta negli album della sinistra plurale, a cominciare da quella di Vasto del 2011, che includeva un Antonio Di Pietro ancora in politica dopo le sue gesta giudiziarie nella Milano delle “Mani pulite”.

            Con questa storia delle foto la sinistra plurale aperta e chiusa, secondo le circostanze e gli umori, ai terzopolisti di turno, dovrebbe decidersi a farla finita, non foss’altro per scaramanzia. Peraltro con la legge Nordio appena passata definitivamente a Montecitorio alla sinistra plurale è andata meglio o meno peggio di quanto le sarebbe accaduto se non fosse ormai in consolidato ritiro l’ex presidente della Camera Luciano Violante: non certo l’ultimo arrivato della politica e della precedente esperienza giudiziaria.

Luciano Violante al Tempo

Se Violante avesse potuto votare anche lui sulla legge Nordio, non l’avrebbe bocciata, visto quello che, commentandola in una intervista al Tempo, ha detto.  Lui il reato di abuso d’ufficio l’avrebbe abolito o comunque contrastato da tempo, prima ancora di sentirselo chiedere dai sindaci del suo partito. Che poi sono stati ignorati dalla Schein, anzi smentiti. E costretti a leggere sui giornali le proteste dei loro compagni e amici dirigenti del Nazareno contro l’impunità di Stato e altre nequizie attribuite ad una legge che è semplicemente arrivata, come dice Violante, in ritardo dopo avere prodotto migliaia di processi conclusi con la quasi sistematica sconfitta dell’accusa. Rimpiangerli è solo un’assurdità.

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