La corsa di Enrico Letta alla serenità europea, finalmente, di Bruxelles

Da Libero di ieri

Per quanto liquidata ieri come una “provocazione” su Libero dal direttore ed ex capo ufficio stampa di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, Mario Sechi, e ancora oggi come uno “schiaffo contro gli italiani” dal Secolo d’Italia, la storica testata della destra capeggiata dalla premier, va consolidandosi l’ipotesi di un approdo di Enrico Letta alla presidenza del nuovo Consiglio europeo su designazione dei socialisti. Fra i quali si è indebolita per ragioni prevalentemente interne alla sua parte politica, pur dietro altre versioni, la candidatura del portoghese Antonio Costa.

         Erico Letta, pisano d’anagrafe ma di famiglia originaria d’Abruzzo, come lo zio Gianni già braccio destro e sinistro di Silvio Berlusconi, si è ritirato proprio in questi giorni da un’altra corsa alla quale sembrava interessato: il vertice della prestigiosa scuola parigina di politica dove si rifugìò come insegnante dopo la rottura consumatasi in Italia con Matteo Renzi. Che si era appena insediato al vertice del Pd e già lo aveva liquidato a Palazzo Chigi dopo averlo esortato a “stare sereno”. Una cosa che è ormai entrata nella letteratura della politica dell’inganno e simili.

Dal Corriere della Sera

         La serenità adesso, ammesso che non l’abbia già ritrovata prima da segretario del Pd e poi da consulente -come il connazionale e ed ex premier pure lui Mario Draghi- della Commissione uscente dell’Unione, potrebbe consolidarsi a Bruxelles. Giocano a suo favore le voci -per ora- raccolte anche sul Corriere della Sera da Marco Galluzzo, di un sostanziale lasciapassare di Giorgia Meloni. Che considera la partita tutta interna ai socialisti e per niente in conflitto con gli obiettivi che si è proposta di raggiungere nella composizione della nuova Commissione. Dove conta di assicurare all’Italia la presenza e il ruolo che le spettano per tradizioni, competenze e solidità del governo in carica, ben superiore a quella di altri nel vecchio continente dopo i risultati delle elezioni dell’8 e 9 giugno.

Ai tempi del Covid

         C’è anche una storia di rapporti personali fra la Meloni ed Enrico Letta, prima e dopo le mascherine imposte dal Covid, riconosciutisi entrambi con buon umore nella coppia televisiva “Sandra e Raimondo”, ad accreditare le voci -ripeto- di una predisposizione favorevole della premier italiana all’approdo del suo predecessore a Bruxelles.

Da Libero di oggi

         A voler pensare male convinti andreottianamente che si pecchi ma s’indovini, pare che in 24 ore sia cambiata l’aria anche nel già citato Libero diretto dall’ex portavoce della Meloni. Oggi il giornale di Mario Sechi non si indigna ma scherza. E titola: “In corsa per la guida del Consiglio Ue- L’eterno ritorno di Enrico Letta: il grande sconfitto di successo”.

         “Noblesse oblige”, direbbero i francesi. Che potrebbero ricordarselo ancora meglio, e per loro stessi, dopo le elezioni anticipate alle quali il presidente Emmanuel Macron ha fatto ricorso per contenere i danni della sconfitta subita personalmente e politicamente nelle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo.  

Ripreso da http://www.startmag.it

Walter Veltroni sorpreso dall’Unità a “danzare” per Giorgia Meloni

         Walter Veltroni, che ne fu l’ultimo direttore davvero politico fra il 1992 e il 1996, quando la storica testata fondata da Antonio Gramsci nel 1924 era l’organo ufficiale del Pci e poi Pds, è stato strapazzato venerdì come editorialista del Corriere della Sera dall’Unità riportata in vita l’anno scorso dall’editore napoletano Alfredo Romeo affidandone la direzione a Piero Sansonetti. Che, avendo già lavorato all’Unità anche di Veltroni, sta trascorrendo una specie di felice seconda giovinezza giornalistica e politica.

Dall’Unità del 21 giugno

         Il mio amico Piero, in verità, non si è esposto in prima persona contro il suo ex direttore, ma lo ha lasciato trattare abrasivamente dal filosofo Michele Prospero. Che gli ha rimproverato -come da titolo- di essersi unito alle “danze” del quotidiano milanese di via Solferino a favore della Giorgia Meloni esibitasi al G7 in Puglia fra i Grandi della terra, comprensivi questa volta di Papa Francesco: il primo Pontefice nella storia di questo summit internazionale, promosso o degradato, come preferite, dal vecchio Rino Formica a loro “cappellano”.

Testo di Michele Prospero

         “Con l’occhio penetrante del cineasta, che coglie il senso intimo delle cose inquadrando un semplice particolare e il dettaglio più casuale di un volto è in grado di attribuire dei significati che sfuggono allo sguardo dei profani, Walter Veltroni è rimasto impressionato dalla Giorgia di Puglia”, ha aperto Prospero  il suo processo scherzando quindi anche sulla indubbia competenza cinematografica, forse ancor prima che giornalistica, del quasi settantenne Veltroni. Restituito alle passioni adolescenziali e familiari da una politica molto generosa con lui, ma non abbastanza da tenerselo avvinghiato per tutta la vita.

Testo di Michele Prospero

Oltre che attraverso Veltroni e Paolo Mieli, chissà perché non anche il direttore in persona di via Solferino, Luciano Fontana, già capo-redattore-se non ricordo male- di Veltroni all’Unità dei primi anni Novanta, Prospero ha scoperto, indicato, lamentato, denunciato “l’amore di via Solferino per la signora di Colle Oppio”, scambiata per “il cigno per l’Europa del futuro” da Antonio Polito. La signora -ripeto- del Colle Oppio, dove -o nei cui dintorni-  giovanissimi fratelli d’Italia, pur non menzionati da Prospero ma ripresi da una telecamera furtiva, inneggerebbero al fascismo nell’indulgente silenzio, o distrazione, della capa del loro partito, oltre che del governo. E Veltroni un po’, secondo il non detto o il non scritto del filosofo dell’Unità di Sansonetti, dovrebbe sentirsi imbarazzato ballando con o per “la Giorgia- ripeto- di Puglia”.  

Alle urne oggi
in più di cento Comuni

         Per fortuna della politica i tempi sono cambiati e l’Unità può essere uscita venerdì scorso senza disorientare, a dir poco, gli elettori di sinistra degli odierni ballottaggi in un centinaio di Comuni italiani, di cui 14 abbastanza grandi. Nei quali al primo turno, quindici giorni fa, andarono a votare in un notevole, direi eccezionale 62,62 per cento di affluenza.

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