
Con l’aria che tira – non quella dell’omonima trasmissione televisiva che ha già accumulato più di 2100 puntate, ma quella della politica alle prese sempre con qualche campagna elettorale- manca solo che Giorgia Meloni venga sospettata di averci messo maleficamente del suo nell’infortunio occorso al serbo Novak Djokovic per fare salire “sul tetto del mondo” del tennis Jannik Sinner, di nome tedesco ma di nazionalità fortunatamente italiana. E mettere anche questo evento del parigino Roland Garros, a pochi giorni dal voto di sabato e domenica prossima per il Parlamento europeo, e per un lungo elenco di amministrazioni locali, in una specie di patrimonio del governo di centrodestra, o di destra-centro.
Vicino, quanto meno, al paradosso del nuovo numero uno del tennis sbandierabile come un trofeo dalla Meloni, già espostasi di recente in altre occasioni sportive mescolandole alla sua campagna elettorale, si è già spinto quel diavolo di Makkox con una vignetta sul Foglio in cui la premier esulta per il successo di Sinner e del tennis italiano arrivato “dopo solo 18 mesi di governo”.

D’altronde, anche la buonanima di Giovanni Spadolini, all’epoca della cosiddetta prima Repubblica, da presidente del Consiglio si avvolse non solo metaforicamente, fra Palazzo Chigi e Montecitorio, nella bandiera nazionale onorata dai mondiali di calcio vinti a Madrid dalla squadra d’Italia battendo nella partita finale la Germania ancora dell’Ovest. Era esattamente l’estate del 1982. La Dc, che proprio a Spadolini aveva ceduto la guida del governo, s’impensierì a tal punto da farlo cadere l’anno dopo anticipando le elezioni. Ma spianando autolesionisticamente la strada a Bettino Craxi, che arrivò a Palazzo Chigi nel 1983 per restarvi sino al 1987: quattro lunghissimi anni vissuti come una specie di inferno dall’allora segretario dello scudo crociato Ciriaco De Mita.
Per mettere la politica, oltre che i suoi leader di turno, al riparo dalla possibilità, tentazione e altro ancora di strumentalizzazione di eventi esterni, chiamiamoli cosi, bisognerebbe proibirli o ordinarne la censura. Così come, a tutela delle opposizioni o minoranze di turno, bisognerebbe vietare sedute del Consiglio dei Ministri e adozione di provvedimenti urgenti o solo ordinari in pendenza di una campagna elettorale riguardante tutto o parti consistenti del territorio nazionale.

E’ appena scattata la campagna -stavolta delle opposizioni- contro il “il bluff del governo”, denunciato in particolare dal quotidiano La Repubblica a proposito degli interventi appena disposti a Palazzo Chigi per cercare di ridurre, quanto meno, le liste d’attesa negli ospedali.
Anche la magistratura dovrebbe darsi una regolata nelle campagne elettorali. Ma questo non si può dirlo e tanto meno chiederlo senza essere accusati di volerne compromettere l’indipendenza e l’autonomia. E calpestare naturalmente l’obbligatorietà costituzionale dell’azione penale.