Il calendario …galeotto degli inquirenti tra Firenze e Genova

Dalla prima pagina di Repubblica

Fallito per indisponibilità dell’interessato il tentativo della Procura di Firenze di celebrare il 32.mo anniversario della strage mafiosa di Capaci – dove persero la vita Giovanni Falcone, la moglie e quasi tutta la scorta- interrogando il generale Mario Mori, è riuscito un lunghissimo interrogatorio a Genova, nella stessa ricorrenza, del governatore della Liguria Giovanni Toti. Che fra le varie accuse di corruzione e altro mossegli dagli inquirenti, e procurategli gli arresti domiciliari, deve rispondere anche di favoreggiamento della mafia.

         Basterebbe questa circostanza, sia per le nuove indagini sul generale già pluriprocessato e pluriassolto per le stragi mafiose del 1992 e 1993, sia per quelle che sono già costate -ripeto- gli arresti domiciliari di Giovanni Toti a giustificare almeno qualche interrogativo sull’amministrazione della giustizia in Italia.

Bruno Contrada

         Su quest’ultima peraltro è appena caduta la tegola di una condanna della corte europea dei diritti umani per l’uso quanto meno disinvolto delle intercettazioni eseguite a carico di Bruno Contrada dopo la bocciatura, sempre europea, della sua condanna per reati di mafia. Intercettazioni sospettabili, a dir poco, di ritorsione dopo la clamorosa sconfessione dei verdetti giudiziari contro di lui.

Mario Mori

         Bruno Contrada ha 92 anni compiuti il 2 settembre del 2023, prossimo quindi ai 93. Il generale e già prefetto Mario Mori ne ha compiuti 85 il 16 maggio scorso, mentre gli veniva notificato l’avviso di garanzia per il nuovo procedimento avviato contro di lui, prima accusato -e assolto- di avere fatto troppo per evitare le stragi mafiose di una trentina d’anni fa e ora di avere fatto troppo poco, o nulla. Auguri a entrambi, naturalmente, anche senza il permesso o il consenso dell’associazione nazionale dei magistrati.

Eminente manipolazione del cardinale Zuppi contro la riforma del premierato

Dalla versione digitale del Corriere della Sera

         E’ diventato nel solito, forzato racconto giornalistico e politico un “altolà” del cardinale Matteo Zuppi, nella conferenza stampa conclusiva dell’assemblea episcopale italiana, l’annuncio, l’ammissione -chiamatela come volete- di “qualche vescovo” che aveva espresso “preoccupazione” nel parlare della riforma costituzionale all’esame del Parlamento sull’’elezione diretta del capo del governo. “Qualche vescovo” -ripeto- è diventato la Conferenza nel suo complesso, e lo stesso cardinale.

Dalla prima pagina di Repubblica

Il porporato si è invece limitato a chiedere, auspicare, consigliare, avvertire, raccomandare -anche qui come volete- “molta attenzione” a intervenire sugli “equilibri” contemplati o derivati dalla Costituzione in vigore dal 1948. Peraltro già cambiata, come nel caso dell’articolo 68 sulle immunità parlamentari, cambiato sotto la spinta delle indagini del 1992 sul finanziamento illegale dei partiti e risoltosi in quello che Giorgio Napolitano da presidente della Repubblica definì “un forte squilibrio” a scapito della politica e a vantaggio del potere o ordine giudiziario.

Titolo di Avvenire

         Il cardinale Zuppi conosce bene gli inconvenienti dei conflitti, che non sono solo quelli militari di cui si occupa su incarico del Papa a proposito dell’Ucraina invasa dalla Russia di Putin, ma anche quelli duri nelle sedi proprie della politica. Dove per mitigare i contrasti, per varare e realizzare riforme “non di parte”, come lui ha detto, bisogna aspettarsi buona volontà, quanto meno, di tutti. E non solo della maggioranza o del governo di turno.

Elly Schlein

         L’opposizione annunciata e praticata dagli avversari del premierato è addirittura fisica, condotta con “i corpi”, come ha detto la segretaria del Pd Elly Schlein promovendo la manifestazione del prossimo 2 giugno al Testaccio, a Roma. Al Senato le opposizioni hanno presentato ostruzionisticamente migliaia di emendamenti costringendo la maggioranza a ricorrere al cosiddetto contingentamento dei tempi previsto dal regolamento, e quindi pienamente legittimo. Eppure siamo appena al primo dei quattro passaggi parlamentari della riforma.

A quale “parte” allora alludeva il cardinale Zuppi raccogliendo forse la preoccupazione di “qualche vescovo” e raccomandando -ripeto- attenzione, anzi molta attenzione? Ne può, anzi ne deve chiedere in modo esplicito e chiaro- se ritiene proprio non dico di interferire ma di intervenire- a tutti. E ciò per evitare di vedersi poi attribuire quell’”altolà” tanto comodo, anche in questa fase conclusiva della campagna elettorale per il voto dell’8 e 9 giugno, agli avversari del governo.

Fanfani nella storica vignetta di Forattini sul divorzio

Se l’altolà -quello sì vero- dei vescovi al divorzio si risolse in un referendum fallimentare per la Chiesa, e per la Dc che si accodò col segretario Amintore Fanfani saltato nel 1974 come un tappo dalla bottiglia di champagne nella storica vignetta di Giorgio Forattini, figuriamoci quanto male potrebbe concludersi quello che Zuppi si è visto attribuire sul premierato.

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