Il Quirinale si offende col Foglio che lo aveva visto dietro l’attacco della Segre al premierato

Dalla posta del giornale diretto da Claudio Cerasa

Al Quirinale non hanno per niente gradito il sospetto del Foglio di una mano, o qualcosa del genere, del presidente della Repubblica dietro o nel recente intervento di Liliana Segre, da lui nominata senatrice a vita nel 2018, contro l’elezione diretta del presidente del Consiglio. Che è contemplata dalla riforma costituzionale proposta dal governo di Giorgia Meloni ed è al primo passaggio parlamentare a Palazzo Madama.  

         Al sospetto, contenuto particolarmente in un articolo di Carmelo Caruso allusivo al discorso della senatrice a vita, analogo per certi versi a quello di Elena Cattaneo, senatrice a vita pure lei, ma nominata nel 2013 dall’allora capo dello Stato Giorgio Napolitano, il capo dell’ufficio stampa del Quirinale, Giovanni Grasso, ha opposto questa reazione: “Affermare che, nel suo intervento al Senato, la senatrice Liliana Segre metta soltanto la sua voce -perché il pensiero non sarebbe suo ma del presidente della Repubblica, è, oltre che del tutto infondato, profondamente offensivo per la senatrice che, non soltanto per la sua storia, ha diritto al più grande rispetto”.

La senatrice a vita Liliana Segre

         I “cordiali saluti” con i quali si conclude lo stesso la lettera del Quirinale non hanno trattenuto il direttore del Foglio Claudio Cerasa da una replica nella quale in pratica è stato ribadito il sospetto. “Massimo rispetto”, ha assicurato Cerasa firmandosi con la solita ciliegina rossa. “Abbiamo scritto però -ha puntualizzato il direttore- questo: “Si sa che la voce è di Segre, ma i pensieri di Segre nascono dagli scambi con Mattarella”. Si parlava di premierato. Registriamo la rettifica. Grazie”.

         Il Quirinale insomma è offeso. Ma un po’ lo sembra anche Il Foglio, che rimane convinto, nonostante “la rettifica”, cioè la smentita, che lo zampino di Mattarella nel discorso della senatrice Segre ci sia stato. In quello della senatrice Cattaneo, sia pure di diversa e più vecchia nomina presidenziale, non si sa.

Giovanni Grosso, portavoce del presidente della Repubblica

         La polemica non è per niente marginale, specie considerando che non è la prima volta che si sia tentato -e non sarà probabilmente neppure l’ultima- di trascinare il capo dello Stato nella controversia sulla riforma costituzionale all’esame del Senato sostenendo che le sue prerogative siano desinate ad essere mutilate dall’elezione diretta del presidente del Consiglio. Che, scelto direttamente dai cittadini, sovrasterebbe per rappresentatività ed altro sul presidente della Repubblica eletto “solo” dal Parlamento.

         Mattarella ha voluto tenersi rigorosamente fuori da questa polemica rappresentazione di una riforma il cui disegno di legge si è affrettato a controfirmare per l’”autorizzazione” alla presentazione alle Camere richiesta dall’articolo 87 della Costituzione. Egli ha pertanto tutto il diritto, a mio personale avviso, di sentirsi offeso se qualcuno cerca, pur nel legittimo esercizio della libertà di stampa e simili, di coinvolgerlo in cose dalla quali si è tenuto rigorosamente fuori.

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Gli effetti controversi della scarcerazione di Ilaria Salis a Budapest

Ilaria Salis

         Al netto dell’enfatica, per quanto metaforica, statua eretta dal manifesto per celebrarne la scarcerazione disposta finalmente dai giudici di Budapest per lasciarle attendere in libertà, col braccialetto di sorveglianza al posto, l’esito del suo processo, la vicenda di Ilaria Salis mi sembra essersi complicata, piuttosto che semplificata, alleggerita e quant’altro. Mi sembra pertanto prematura anche la ricerca, nella quale si sono impegnati in tanti, della giusta destinazione dei ringraziamenti per l’uscita della giovane italiana dal carcere ungherese dove è stata trattenuta per 15 mesi sotto l’accusa di avere aggredito dei manifestanti di estrema destra, ostentatamente nazisti.

Da Libero

         Il governo italiano ha rivendicato col vice presidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani la quota di grazie che gli spetterebbe per l’azione svolta dietro le quinte. Il padre della giovane, “ingrato” secondo la protesta di Libero su tutta la sua prima pagina di oggi, non ha gradito e tanto meno condiviso, attribuendo probabilmente il merito della scarcerazione alla visibilità politica assicurata alla figlia dalla sinistra che l’ha candidata alle elezioni europee. Ma una sinistra -quella rossoverde di Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli- cosi scarsa nei sondaggi, così al di sotto della soglia del 4 per cento dei voti richiesta per l’accesso al Parlamento europeo, da essere sospettata di avere cavalcato il caso di Ilaria più per sé che per lei.

Dalla Verità

         Proprio la scarcerazione nel frattempo intervenuta, togliendo alla candidata l’urgenza di una condizione di europarlamentare che avrebbe dovuto obbligare la magistratura ungherese a rilasciarla, rischia di nuocere al successo della corsa a Strasburgo. E’ il sospetto, fra gli altri, della Verità di Maurizio Belpietro. Che, reduce da una giornata dedicata alla premier Giorgia Meloni, ha oggi titolato che “i giudici rovinano la campagna elettorale a Fratoianni”.

La Salis ancora in manette al processo

         Per quello che può contare, per carità, è anche il mio sospetto. E forse pure quello di chi al Nazareno nelle scorse settimane è stato prima tentato e poi dissuaso dall’idea di candidare Ilaria Salis alle europee nelle liste del Pd già così affollate di esterni e simili. Dei quali si potrà vedere solo il 9 giugno, quando si cominceranno a contare i voti, se e quale contributo potranno avere dato al successo o insuccesso, o solo al mancato successo del partito guidato da più di un anno da Elly Schlein. Che in questa partita si gioca politicamente tutto, o quasi, comunque più di tutti i suoi concorrenti, peraltro inseguita da Giuseppe Conte nella corsa alla leadership di un pur improbabile -per ora- cartello elettorale antimeloniano,  quando si andrà a votare per il Parlamento italiano, e non europeo.

         In questa partita così lunga e complessa la parte attribuitasi da Ilaria Salis, o attribuitale da chi l’ha messa in gara per Strasburgo, è obiettivamente modesta, direi minima.

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Un pò troppo fuori misura le critiche delle senatrici a vita al premierato

Dal Dubbio

Gli interventi contrari delle senatrici a vita Liliana Segre ed Elena Cattaneo nella discussione generale sul premierato proposto dal governo potevano, forse anche dovevano essere in una pur improbabile regia d’alto livello immaginata da qualche malizioso retroscenista, un prezioso soccorso alle opposizioni di natura esclusivamente politica. Che sono arrivate all’appuntamento in ordine tanto rumoroso quanto pasticciato e contraddittorio, avendo il Pd -per esempio- dimenticato la strada del premierato, appunto, imboccata nel 1997 dalla insospettabile commissione bicamerale per le riforme costituzionali presieduta da un pezzo grosso, allora ma in fondo anche oggi che è  in pensione, come Massimo D’Alema. E con un altro pezzo grosso come Romano Prodi a Palazzo Chigi, succeduto in ordine rigorosamente cronologico a Silvio Berlusconi e a Lamberto Dini.

          Gli interventi, ripeto, delle due senatrici a vita dal prestigio indiscutibile e dall’età venerabile come quella, in particolare, della quasi 94.enne Liliana Segre, scampata all’Olocausto, potevano e forse dovevano essere un prezioso soccorso ad opposizioni un pò malmesse. Ma -ahimè- sono andati sopra le righe in alcuni passaggi che le parlamentari potevano entrambe risparmiarsi proprio per il loro livello intellettuale, morale e persino scientifico.

            Ho trovato eccessiva, per esempio, la demonizzazione del “capo” – o capocrazia”, come la chiama il costituzionalista Michele Ainis- col richiamo della Segre alle “tribù preistoriche”, cioè cavernicole. Qui siamo, per fortuna, al 2024 dopo Cristo. E per quanto possa dispiacere la Meloni, anche per quel suo promuoverei alla sola Giorgia, e proporsi in una formula populista di gusto discutibile, mi sembra smodato ridurla o immaginarla in qualche grotta. Via, senatrice, lei che di grotte odiose nel secolo scorso ne ha viste e provate davvero, per fortuna sopravvivendovi.

Elena Cattaneo nel 2013, appena nominata senatrice a vita da Giorgio Napolitano

           La senatrice Cattaneo, da biologa e scienziata quale è davvero, è accorsa al capezzale di un Parlamento che, già in mancanza di ossigeno per i troppi decreti-legge del governo che ne assorbono quasi interamente l’attività, rischierebbe la morte per soffocamento con lo scioglimento anticipato nelle mani non più del presidente della Repubblica da esso stesso eletto ma di un presidente del Consiglio scelto direttamente dai cittadini. Che il capo dello Stato, tornando alle immagini della senatrice Segre, sarebbe condannato a vedere “dal basso in alto”, cioè in condizioni di sconveniente soggezione.

        È vero, il Parlamento è in uno stato di sofferenza, specie il Senato nelle dimensioni cui lo hanno ridotto le forbici grilline: duecento membri elettivi rispetto ai quali i cinque senatori a vita di nomina presidenziale per alti meriti, previsti ancora oggi dall’articolo 59 della  Costituzione, sarebbero tanti che la riforma del premierato ne ha dovuto prevedere la soppressione per il futuro, lasciando in carica quelli in carica come la Segre e la Cattaneo, rispettivamente, dal 2018 e dal 2013. Ma il soffocamento delle Camere da decreti-legge è avvenuto col permesso, il consenso e quant’altro dei presidenti della Repubblica succedutisi al Quirinale. Dove sarebbe forse bastato un vaglio più rigoroso, o meno generoso, dei requisiti di urgenza invocati dagli inquilini di turno a Palazzo Chigi per evitare le attuali condizioni di obbiettivo, imbarazzante appesantimento, a dir poco.

        L‘ultima parola sul premierato comunque, non essendo concreta la prospettiva di un’approvazione parlamentare con la maggioranza dei due terzi, che gli risparmierebbe ogni altro passaggio, spetterà al popolo col referendum di verifica eventualmente confermativa.  I conti con la democrazia mi sembrano francamente a posto.

Pubblicato sul Dubbio

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