Emiliano e Decaro oggi a Bari come nel secolo scorso nel mondo Stanlio e Ollio

Dalla prima pagina della Gazzetta del Mezzogiorno

La satira tanto abusata dal Fatto Quotidiano si ì affacciata con gusto sulla vicenda di Bari grazie al vignettista della Gazzetta del Mezzogiorno Nico Pillinini. Che dalla coppia costituita dal governatore della Puglia Michele Emiliano e dal sindaco della città capitale della regione Antonio Decaro risale a quella celebre del secolo scorso dei comici Stanlio e Ollio.

Michele Emiliano e Antonio Decaro

         Emiliano, come si sa, prima ha  vantato e poi ha cercato di ridimesionare il ruolo avuto una ventina d’anni fa come sindaco per aiutare, proteggere e quat’altro l’allora suo assessore al traffico, Decaro appunto, nei rapporti con i malavitosi custodi, diciamo così, della città vecchia di Bari sottoposta a nuova disciplina.  L’attuale sindaco, imbarazzato, ha smentito di avere mai avuto contatti di sorta con quella gente. Ma poi gli archivi -maledetti archivi- hanno sfornato una sua foto con una sorella e una nipote del boss mafioso ed ergastolano Antonio Capriati.

Matteo Piantedosi

         Anche in questo contesto, purtroppo non solo comico, la premier Giorgia Meloni ha ritenuto giustamente opportuno difendere il suo ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, rappresentato dalle opposizioni come una specie di Putin italiano per quella procedura avviata di un eventuale scioglimento dell’amministrazione comunale uscente per infiltrazioni mafiose. Che peraltro hanno già provocato l’amministrazione giudiziaria di un’azienda comunale.

La parabola della satira oscena del Fatto Quotidiano di Marco Travaglio

Dal Fatto Quotidiano del 22 marzo

         Dal culo di Riccardo Mannelli- scusate la franchezza volgare-  opposto qualche giorno a Giorgia Meloni in un desiderio dichiarato di “interlocuzione” con una premier che ha soprattutto il torto di occupare a Palazzo Chigi il posto che fu di Giuseppe Conte, prima dell’intermezzo di Mario Draghi anch’esso naturalmente sgradito; dal culo, dicevo, di Riccardo Mannelli Il Fatto Quotidiano di Marco Travaglio è passato oggi, con oscenità solo apparentemente minore, al missile israeliano firmato da Mario Natangelo sulla “edizione 2024” dell’ultima cena di Gesù Cristo.

         Gli ebrei insomma restano sempre quelli di più di duemila anni fa, implacabili contro Gesù nel frattempo rifugiatosi a Gaza e mescolatosi alla popolazione che fa, volentieri o no, da scudo al terrorismo che ha i suoi depositi e le sue artiglierie nei sotterranei.

Parigi 2015, dopo l’assalto a Charlie Hebdo

         E’ libertà di satira stampata, verso la quale naturalmente non si auspica, neppure nella versione italiana, il trattamento riservato dagli islamici nel 2015 alla versione francese di Charlie Hebdo, con 12 morti fra i quali il direttore del giornale parigino. Ma è una libertà -ripeto come qualche giorno fa scrivendo del culo di Mannelli- della quale si potrebbe fare a meno. Lo dimostra d’altronde la fuga dei lettori dalle edicole o, se preferite, la fuga delle edicole dal vuoto con chiusure imposte dalla irreversibile crisi, ormai, dei giornali. Compreso quello di Travaglio, che pure pensa di essere il meglio fico del bigonzo.   

Giorgia Meloni da una Quaresima all’altra verso il voto del 9 giugno

Dal Corriere della Sera di ieri

Scriveva ieri in un “retroscena” Monica Guerzoni sul Corriere della Sera, prima di raccoglierne oggi un monito all’insofferente alleato leghista, che Giorgia Meloni ha “messo nel conto” ben “settantacinque giorni di passione”. Durante i quali Matteo Salvini “, pur vice presidente del Consiglio, “assesterà calci alla sua scrivania di Palazzo Chigi”, sperando di raccogliere così nelle urne del 9 giugno per il Parlamento europeo chissà quali e quanti voti di destra a scapito dei soci di  governo.

         La premier insomma sta uscendo religiosamente dalla Quaresima pasquale per imboccarne un’altra più lunga -quasi ottanta giorni- di natura politica. Da Lotta continua degli anni Settanta, quelli di piombo, alla Quaresima continua di questo 2024. Altrove si spara davvero, da noi, in Italia, o almeno a Roma, un vice presidente del Consiglio assalta la scrivania, spero non incustodita, della premier. E meno metaforicamente cerca di boicottare il percorso della premier verso la conferma della tedesca Ursula von der Leyen, con la quale fa ormai coppia nelle missioni internazionali, alla presidenza della Commissione dell’Unione Europea, senza necessariamente rovesciarne la maggioranza con i socialisti. Ma allargandola ai conservatori, naturalmente “non a gratis”, come dicono a Roma, a cominciare dalla Garbatella della Meloni.

Matteo Salvini

         La Guerzoni chiama quello di Salvini ormai “il fattore S”, come la buonanima di Alberto Ronchey chiamava “il fattore K” quello del partito comunista, che cercò di liberarsene con i famosi “strappi” da Mosca tentati o consumati da Enrico Berlinguer riuscendo a portare il Pci nella maggioranza di cosiddetta solidarietà nazionale. Ma uscendone spontaneamente, senza che nessuno lo cacciasse, quando lo strappo richiestogli dall’evoluzione della situazione internazionale divenne anche per lui insostenibile: il riarmo missilistico della Nato per recuperare il vantaggio acquisito dal campo sovietico con l’installazione dei missili SS 20 puntati contro le capitali europee.

Il libro di Luca Zaia

         “Per quanto le fonti ufficiali -ha scritto la Guerzoni citando, fra gli altri, il capogruppo della Meloni alla Camera, Tommaso Foti- si affannino a spiegare che il sistema proporzionale impone a ciascuno di differenziarsi” nelle elezioni europee “e che il centrodestra non è mai stato così unito, per Palazzo Chigi il fattore Salvini è ormai una questione impossibile da sottovalutare”. Neppure -temo per Salvini- nella stessa Lega, dove tutto potrà accadere dopo il 9 giugno. Anche che prevalga la filosofia del governatore veneto Luca Zaia espressa nel felice titolo di un suo libro: “Fà presto, vai piano”.

Blog su WordPress.com.

Su ↑