Quel silenzio angosciato del Papa, altro che affaticato, nella domenica delle Palme

Dalla prima pagina di Repubblica

In quel silenzio non affaticato, come l’ha voluto definire riduttivamente  Repubblica, ma sgomento nel quale si è chiuso al momento dell’omelia durante la messa delle Palme a San Pietro Papa Francesco vestito di rosso, il colore del sangue versato da Gesù sulla croce e di quello che scorre in tante parti del mondo; in quel silenzio sgomento, dicevo, possiamo ben riconoscerci tutti. Anche chi non ha condiviso di recente certe sortite del Pontefice. Ho a  dovuto intervenire per correggerle, come il Segretario di Stato Pietro Parolin dopo le interpretazioni alle quali si era prestata quella bandiera bianca proposta, raccomandata, consigliata da Francesco alla pur tanto “martoriata” Ucraina, come lo stesso la definisce abitualmente, per qualcosa che non si è ben capito se funzionale più alla resa che si aspetta Putin o ad una trattativa cui lo stesso Putin continua a preferire altre bombe su Kiev, e missili che sorvolano imprudentemente la Polonia partecipe dell’Alleanza Atlantica.

La strage di Mosca nella rivendicazione del terrorismo islamista

         Tutto per Putin è un buon pretesto per continuare e intensificare la sua guerra: persino la strage a Mosca, con centinaia e centinaia fra morti e feriti, appena conpiuta, firmata, documentata dal terrorismo islamista, prevista e inutilmente segnalata dai paesi occidentali quasi fra la derisione del Cremlino in festa per il quinto mandato presidenziale dell’autocrate. Una strage che secondo Putin, e le sue convenienze propagandistiche, porterebbe il segno degli ucraini. Che meriterebbero quindi ancor più di prima la “denazificazione” annunciata all’inizio della cosiddetta “operazione speciale”, più di due anni fa, e la disintossicazione dai costumi occidentali biasimati dal Patriarca di Mosca di fronte a un Putin consenziente facendosi il segno della croce.

Dalla prima pagina della Gazzetta del Mezzogiorno

         Di fronte a tanto scempio di ragione, umanità e altro, e senza volere scendere ancora più giù, sino al Medio Oriente e dintorni, non si sa se piangere  o ridere di più nella nostra Italia per il “Pasticcio Emiliano”, come riduttivamente e generosamente lo chiama la Gazzetta del Mezzogiorno riferendo della partecipazione del governatore pugliese, Michele Emiliano appunto, alle proteste politiche, mediatiche e di piazza contro il Putin italiano che sarebbe il prefetto e ministro dell’Interno Matteo  Piantedosi. Il quale si è  proposto di accertare secondo le procedure di legge se e di quanto possa essere considerata infiltratata e condizionata dalla mafia locale l’amministrazione comunale di Bari guidata dal collega di partito e amico personale di Emiliano, nonchè sindaco Antonio Decaro.

Il sidaco di Bari Decaro con la sorella, a sinistra, dell’ergastolano Caprioti

         Nella foga populista della difesa dell’amico sindaco il governatore si è vantato di averlo mezzo raccomandato, quando Decaro era il suo assessore ai trasporti al Comune, alla sorella del capo della malavita locale. Decaro, a dir poco imbarazzato, ha smentito al pari della congiunta del malavitoso che sta scontando l’ergastolo in carcere. Ma una foto pubblicata dalla Verità smentisce entrambi.  E inguaia Bari più di Piantedosi.

Ripreso da http://www.startmag.it e http://www.policymakermag.it

Blog su WordPress.com.

Su ↑