Le ossessioni ucraine di Putin dopo la strage islamista di Mosca

Un terrorista già catturato

Per quanto avvertito dai tanto odiati occidentali con una tempestività vanificata dai suoi servizi ancora nominalmente di sicurezza, e ne abbia catturato gli autori materiali, Putin cerca altrove i responsabili della strage che ha fatto sinistramente augurare a Mosca il suo quinto mandato presidenziale. Responsabili delle 133 vittime già accertate e di quelle in attesa con i dati degli ospedali  che non possono, non debbono essere i carnefici del pur dichiarato terrorismo islamista, con tanto di proclami e di foto dei miliziani mandati in missione nel teatro della mattanza.

Putin

No. L’ossessionato Putin e le marionette che gli stanno intorno hanno  bisogno di coinvolgere in qualche modo nella tragedia russa, e anche  personale dell’autocrate  se avesse davvero cognizione dei propri compiti al Cremlino, gli ucraini sfuggiti sinora alla sua guerra di “denazificazione”. O di purificazione dalle abitudini o aspirazioni occidentali di vita, come ha detto il Patriarca di Mosca benedicendo l’invasione e tutto il resto che ne è seguito e ne segue ancora.

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La Schlein fa rimpiangere a Franceschini i tempi della Dc

Dal Mattino di ieri

E’ meno di un indizio, per carità. Ma quella cronaca, sul Mattino, di un bel po’  dei “ragazzi di De Mita”, come li ha chiamati il giornale napoletano in omaggio al compianto leader della sinistra scudocrociata, riunitisi a Maiori per ricordare orgogliosamente i 40 anni trascorsi dal congresso del movimento giovanile democristiano conclusosi con l’elezione di Renzo Lusetti a segretario -su Luca Danese, nipote di Giulio Andreotti, e un veneto senza molti santi in Paradiso-  mi ha fatto venire il sospetto che anche l’ex ministro della Cultura Dario Franceschini, “artefice” dell’incontro, sia un po’ troppo o tanto deluso dalla politica di questi giorni da rimpiangere il passato. E temo che a creargli tanta delusione contribuisca la segretaria Elly Schlein, che anche lui ha voluto l’anno scorso al Nazareno aspettandosi molto più o di meglio di quanto non stia venendo fuori. Che è un Pd ancora più votato del Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte, sia pure di poco, ma a suo sostanziale rimorchio.

         E’ l’immagine o la sensazione che si è fatta del Pd, confessandola un po’ al Foglio qualche giorno fa, anche l’ex capogruppo al Senato Luigi Zanda, e da cui mi sembra tentato pure Romano Prodi. Che ha recentemente avvertito Conte in persona, in un incontro pubblico, che continuando a tenere col Pd i rapporti attuali, a corrente alternata e ambiguità continua, si sprecheranno le sconfitte del campo a denominazione variabile -lungo, corto, stretto, largo, giusto, eccetera- che quel buontempone di Pier Luigi Bersani, fra mucche che girano per i corridoi del Nazareno e tacchini che saltano sui tetti, vorrebbe intitolare addirittura all”alternativa” a Meloni.

Dalla Gazzetta del Mezzogiorno

         Preoccupazioni per lo stato di salute politica del Pd nelle mani di “una profeta straniera” -l’ha chiamata oggi  Pino Pisicchio  sulla Gazzetta del Mezzogiorno- deve averne anche l’ex presidente della Camera  Casini, che però da ospite come ha accettato di essere, eletto da indipendente nelle liste del Nazareno nella sua Bologna, dove probabilmente verrebbe confermato al Parlamento con qualunque partito gli offrisse un giro in carrozza, cerca educatamente di stare zitto. Ma gestisce con antica astuzia e bonomia democristiana la sua agenda, fra convegni, matrimoni, funerali e quant’altro.

C’era anche lui naturalmente a Maiori: in albergo, al ristorante e in chiesa, dove si è sostituito al sacrestano ed ha raccolto le offerte alla parrocchia. Ah, grande, intramontabile Piefurby, variante ormai storica del Pierferdy derivato americanamente dal Pier Ferdinando dell’anagrafe.

Casini a Maiori

         Se fossi nella Schein, di qualsiasi colore vestita, sarei meno disinvolta e sicura nelle sue epifanie e comincerei a guardarmi intorno con maggiore prudenza in un partito forse troppo affollato di volpi per poterla ancora proteggere a lungo, se qualcuno avesse peraltro davvero la voglia di farlo anche dopo le elezioni europee del 9 giugno, quando sarà il momento di riflettere, quanto meno, sui loro risultati.

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