Una buona notizia dal Vaticano: Papa Francesco non sarà emerito come il predecessore

Dalla prima pagina del Corriere della Sera

Senza voler essere irriverenti, o infedeli se in veste di credenti, si può registrare come una buona notizia quella appena arrivata dal Vaticano tramite il Corriere della Sera. Dove Aldo Cazzullo ha un po’ recensito e un po’ anticipato un’autobiografia del Papa in cui Francesco -si vedrà se primo o unico  nella storia dei Pontefici di Santa Romana Chiesa-  ha assicurato che non sarà mai “emerito”. Come accadde invece al suo predecessore Joseph Ratzinger, passato alla storia come Benedetto XVI.

         Papa Francesco insomma, contrariamente all’impressione data in altre occasioni parlando di come e quando verificare i rapporti fra la sua salute e le sue  funzioni, intende  morire in carica, il più tardi possibile naturalmente.

La vignetta di Emilio Giannelli

         La considero personalmente una buona notizia perché per carattere, formazione ed altro ancora l’argentino Bergoglio, oriundo italiano, non potrebbe essere come Papa emerito discreto come fu il tedesco Ratzinger. Il traffico, diciamo così, nella sua anticamera, in Vaticano o dovunque decidesse di trascorrere il suo sacro ritiro, sarebbe fitto forse ancor più di quello che si svolge attualmente attorno a lui in piena carica. Il Cadinale Segretario di Stato, l’attuale o chiunque altro al suo posto, dovrebbe moltiplicare attività e vigilanza anche per mettere le pezze all’emerito, oltre che al Papa in funzione. Come il povero Parolin ha appena fatto buttando un po’ di secchiate d’acqua sul fuoco acceso da una intervista di Francesco, prima ancora di essere trasmessa, nella quale Putin al Cremlino ha visto a portata di mano la resa di Zelenscky in Ucraina con una bandiera bianca confezionata con lo stesso abito di Francesco,  donato o dato in prestito.

         E meno male, per noi che di solito ci occupiamo di politica interna italiana, dei suoi partiti vecchi e nuovi, personali o personalissimi,  che al Papa piacciono i temi internazionali. Figuriamoci se, come accadde a suo tempo a qualche suo predecessore, gli fosse piaciuta o interessata anche la politica interna italiana, e se ne fosse in qualche modo occupato tra udienze, interviste e simili.

         Alle guerre mondiali “a pezzi” o in pillole di cui il Pontefice si occupa  chiedendo inutilmente “per favore” di smetterla, si aggiungerebbero quelle per fortuna solo di carta che si combattono in Italia fra i partiti di maggioranza -spesso all’interno di essa stessa- e di opposizione, anche qui spesso al suo interno. Anzi, al loro interno, essendo abbastanza affollato di partiti e movimenti il cosiddetto “campo” di cui prendono ogni giorno le misure, o  studiano gli aggettivi da applicare, la Schlein,  Conte,  Prodi, il sempre loquace e divertente Bersani portandosi appresso mucche, tacchini, bambole e quant’altro……

Ripreso da http://www.startmag.it e http://www.policymakermag.it

Il Conte delle cinque stelle…. degradato a contadino da Romano Prodi

Dal Dubbio

Ad aumentare con le elezioni regionali già svoltesi e con quelle di varia natura che seguiranno anche alle europee del 9 giugno sono destinati solo gli aggettivi del campo in cui si muovono i partiti alternativi al centrodestra, o destra-centro della premier Giorgia Meloni. E’ una letteratura decisamente in espansione.

         La segretaria del Pd Elly Schlein e l’uomo che ne attivò la vocazione politica -Romano Prodi, con la mancata elezione a presidente della Repubblica nel 2013, tradito dai franchi tiratori di un partito delle cui sezioni la giovane attivista reclamò una occupazione ritorsiva- parlano notoriamente ogni volta che possono di “campo largo”. Anzi, larghissimo, esteso dalla sinistra di Bonelli e Fratoianni al centro in cui se ne dicono di tutti i colori, e se ne danno di santa ragione, Calenda e Renzi. Un campo comprensivo naturalmente del Pd e del Movimento 5 Stella. Il cui presidente Giuseppe Conte altrettanto notoriamente non lo vuole né largo né lungo abbastanza per fare di lui un disperso, e lasciarlo contare praticamente nulla, o molto meno delle sue aspirazioni. Fra le quali non manca, anzi prevale su tutte, secondo gli esperti del settore, quella di tornare a Palazzo Chigi. Da dove il professore, avvocato eccetera si sentì sfrattato ingiustamente per essere sostituito da Draghi in quello che ancora Travaglio definisce “Conticidio”.

            All’aggettivo “giusto”, preferito ripetutamente, anzi ostinatamente, al “largo”, l’ex premier ne ha appena aggiunto involontariamente un altro: “modesto”. Involontariamente, perché lui voleva solo definire così il risultato del suo partito in Abruzzo, dove ha raccolto un terzo dei voti del Pd attestandosi attorno al 7 per cento. Neppure in Sardegna, il mese scorso, era andata bene per i voti grillini, pochi ma compensati con la candidatura alla presidenza della regione strappata, sembra, con nessuna fatica alla segretaria del Pd, senza neppure spendere una telefonata, si è vantato lo stesso Conte in una intervista che non deve aver fatto comodo alla Schlein.  La cui generosità, chiamiamola così., verso l’ex premier grillino è indigesta a molti.

Boccia al Corriere della Sera

  Non tutti al Nazareno la pensano come il capogruppo al Senato Boccia. Che, intervistato dal Corriere della Sera, ha così risposto a chi gli ricordava la sconfitta in Abruzzo seguita a quelle in Molise, in Calabria, in Liguria: “Ma abbiamo vinto a Napoli, a Foggia, a Catanzaro e in altre città e siamo insieme in giunta in Puglia e Sardegna. Il processo politico che stiamo costruendo -ha continuato Boccia- sta andando avanti. E’ faticoso, ma questo è normale”.

         Quel “modesto” di Conte riferito al risultato elettorale abruzzese è stato esteso maliziosamente in qualche settore del Pd al campo dell’alleanza coltivata con tanta fatica giustamente evocata da Boccia. Un campo dove persino Prodi ci ha messo un po’ del suo sarcasmo osservando, proprio dopo le elezioni abruzzesi rivinte dal centrodestra, che mancano i “contadini”. O non ve ne sono abbastanza per coltivare la terra.

Screenshot

         A Prodi si è aggiunto il suo ex ministro della Giustizia Mastella, da qualche tempo sindaco di Benevento con le orecchie e gli occhi sempre rivolti altrove, da solo o con la moglie Sandra. Egli ha parlato in una intervista di “campo di Pinocchio”: quello cioè “dei miracoli” in cui il burattino di Collodi si fa imbrogliare dal gatto e dalla volpe. Che gli fanno seminare gli zecchini d’oro incautamente posseduti dicendogli che crescerà un albero produttivo di quelle monete. Finìsce naturalmente che il gatto e la volpe si fregano le monete seminate dal burattino appena questo si allontana per lasciare che maturino pianta e frutti. Chi sia il gatto e chi la volpe nel nostro caso, fra Conte e la Schlein, per stare alla loro divisione di genere, ciascuno è libero di immaginare

         Chissà cos’altro è destinato a riservarci questa letteratura “campestre”, per ripetere l’aggettivo ironicamente adoperato da Bersani parlando in televisione della possibile alleanza con i grillini per proporre di puntare ora solo all’”alternativa”, pensando più avanti a come chiamarla diversamente, e meglio. O non chiamarla per niente se dovesse perdersi per strada.

Poiché è nota l’umana, umanissima vanità di Conte, oltre alla sua ambizione, con quel modo sempre così elegante di vestirsi, anche in versione casual, e di muoversi tra piazze, vicoli e salotti, è immaginabile il fastidio che può avergli procurato Prodi immaginandolo negli abiti e con gli attrezzi dei contadini necessari al campo così ricco per ora solo di letteratura. Va bene che la terra d’origine di Conte, la Volturara Appula dove ogni tanto ritorna con la mente e anche con i piedi, è agreste.  Ma bisogna pur ricordarsi ed avere rispetto dell’evoluzione avuta dall’uomo che ha avuto l’occasione anche di sussurrare alle orecchie della Merkel e soprattutto di Trump. Che fra qualche mese potrebbe addirittura tornare alla Casa Bianca.

Pubblicato sul Dubbio

Ripreso da http://www.startmag.it

Se Grillo e Conte non hanno più niente da dirsi, e tanto meno da consigliarsi

Da Libero

Anche se volesse solo consultare Beppe Grilllo, visto quello che gli costa economicamente, dopo il risultato elettorale in Abruzzo da lui stesso definito “modesto”, Giuseppe Conte non dovrebbe sentirsi consolato. Il suo garante, oltre che consulente della comunicazione, sembra ancora più sorpreso di lui di fronte a ciò che gli succede attorno.

         Sul blog una volta bollente di rabbia, fantasia e volontà di combattimento, anzi di vittoria, e alla grande, Grillo si è ridotto a riproporre pensieri non proprio incoraggianti di Ennio Flaiano e ad arruolarsi, con essi, nella “minoranza silenziosa” di questo Paese. Che di minoranze del genere ne ha viste già altre.

Da blog di Beppe Grillo

         “Appartengo alla minoranza silenziosa. Sono di quei pochi -ha copiato infatti da Flaiano un Grillo datato 9 marzo, già prima quindi del voto abruzzese e delle sue sorprese per chi aspettava la sconfitta del centrodestra- che non hanno più nulla da dire e aspettare. Che cosa? Che tutto si chiarisca? L’età mi ha portato la certezza che niente si può chiarire: in questo paese che amo non esiste semplicemente la verità. Paesi molto più piccoli e importanti del nostro hanno una loro verità, noi ne abbiamo infinite versioni. Le cause? Lascio agli storici, ai sociologi, agli psicanalisti, alle tavole rotonde il compito di indicarci le cause, io ne subisco gli effetti. E con me pochi altri: perché quasi tutti hanno una soluzione da proporci: la loro verità, cioè qualcosa che non contrasti i loro interessi. Alla tavola rotonda bisognerà anche invitare uno storico dell’arte per fargli dire quale influenza può avere avuto il barocco sulla nostra psicologia. In Italia la linea più breve tra due punti è l’arabesco. Viviamo in una rete d’arabeschi”. E non solo -aggiungerei grazie alle cronache giudiziarie e politiche di questi giorni- una rete di dossier e simili di fronte alla quale impallidisce il ricordo di vicende passate come quella del Sifar del compianto generale Giovanni De Lorenzo. O del meno lontano, o più vicino, Pio Pompa di dichiarata devozione per l’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, secondo confidenze epistolari riproposte su Domani – e dove sennò?- da Piero Ignazi. Che nega perciò oggi al centrodestra il diritto di indignarsi, protestare e reclamare sempre più indagini sulle decine di migliaia di incursioni informatiche condotte prevalentemente ai suoi danni da impiccioni più o meno di Stato.

         Ma torniamo al Flaiano riproposto da Grillo e anticipatore persino di Berlusconi con quel richiamo al Paese “che amo”. Vi ricordate il messaggio televisivo del Cavaliere di cui è stato celebrato di recente il trentesimo anniversario?  Pensavamo che fosse stata una trovata del solito, geniale Berlusconi ripreso da una telecamera infilata in una calza per effetti chissà quanto speciali. E invece era solo una scopiazzatura di Flaiano, neppure dichiarata con l’onestà dimostrata invece adesso da Grillo.

         Mi chiedo, con gli umori che ha, oltre che con gli spettacoli per i quali emette e vende biglietti promettendo o facendo credere di essere pirandellianamente “un altro” rispetto al passato remoto e recente; mi chiedo, dicevo, di quale utilità potrà mai rivelarsi a Conte il consigliere remunerato della comunicazione nel quale si è doppiato il fondatore superstitite del Movimento 5 Stelle. Di ben altro credo che abbia bisogno l’ex premier con i problemi che tardano a risolversi nei cosiddetti “territori”. O che addirittura aumentano nella stessa misura delle ambizioni, per carità, legittime e umanissime del professore già avvocato del popolo.

In sede locale il partito di Conte arranca nonostante   i generosi  aiuti che ogni tato gli fornisce la segretaria del Pd accettandone candidature o oltro, come quella di Alessandra Todde in Sardegna, arrivata ad un pur stentato successo che per un po’ si è sperato di ripetere in Abruzzo con l’ex rettore dell’Università di Teramo. Ma è stata -si è visto- tutt’altra vicenda. E’ spirato tutt’altro vento. Il marziano di Flaiano non vi è per niente sbarcato.

Pubblicato su Libero

Ripreso da http://www.startmag.it il 17 marzo

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