La corsa rocambolesca di Giuseppe Conte a Palazzo Chigi

Socco Casalino

Pur fra i primi -forse il secondo dopo Rocco Casalino, capo ufficio stampa di Palazzo Chigi ai tempi di Giuseppe Conte- a sostenere, sognare, attendere, operare nelle sue possibilità, come preferite, per il ritorno dell’ex premier grillino alla guida di un governo, che sarebbe il terzo dopo quello interrotto da un Mario Draghi improvvisamente rivelatosi meno stanco delle previsioni dei suoi critici o avversari, Marco Travaglio non ha sopportato che a sospettare di un Conte 3, come si dice in gergo tecnico, sia stato ultimamente anche il Corriere della Sera. Ripeto: sospettare, anche con un pizzico di sorpresa o rincrescimento, e non col dovuto auspicio o compiacimento.

Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano

         Indossata l’armatura dell’ironia, il direttore del Fatto Quotidiano ha confermato, diciamo così, che “il mostro di Volturara Appula preferisce governare lui che lasciarlo fare alla Meloni”. Ma oltre o più ancora che non lasciare la Meloni a Palazzo Chigi, il nostro vorrebbe che a sostituire la premier attuale in caso di pur improbabile crisi e di schianto del centrodestra, ben oltre la stentata vittoria della grillina Alessandra Todde nelle elezioni regionali sarde, fosse lui piuttosto che Elly Schlein. Che persegue l’alleanza col presidente del Movimento 5 Stelle. larga o solo “giusta” che sia, come lui prefersice, guidando un partito -il Pd- che raccoglie ancora più voti di quello di Conte. Non è quindi la stessa cosa dire che l’ex premier voglia succedere alla Meloni e basta.

Non vale quindi l’ironia di Travaglio, che chiede all’impertinente collega del Corriere della Sera occupatosi della vicenda. “Ma si può? E come si permette? Sarebbe -spiega incredulo il sostenitore di Conte- come se un cantante rapace andasse a Sanremo per arrivare primo, un regista sulfureo partecipasse a Cannes per vincere la Palma d’Oro, un allenatore vanitoso aspirasse allo scudetto, uno scienziato ossessionato ambisse al Nobel, un ciclista spietato corresse per la maglia rosa o, peggio, gialla”. “Scandalo, orrore, raccapriccio. Che aspettano ad arrestarlo?”, ha concluso Travaglio all’insegna dello stupore e dell’assurdo.

Dalla Stampa

         Il guaio per Travaglio e per lo stesso premier è che anche  Conte, direttamente o attraverso la sua compagna, sia finito nel lungo elenco di politici di destra finiti nelle incursioni informatiche illecite, a dir poco, di un ufficiale della Guardia di Finanza su cui sta indagando, fra gli altri, il capo della Procura della Repubblica di Perugia Raffaele Cantone. Il quale tuttavia è  eottimisticamente convinto che non si sia trattato e non si tratti di dossieraggio, come ha titolato La Stampa.

Dal Giornale

         Con la visione o lettura minimalistica  di Cantone  non sembra che concordi Conte, che ha reclamato massima severità ed espresso massima preoccupazione, pur avendo arruolato fra i suoi parlamentari un ex capo dell’incursore informatico. Ruvido, a dir poco, il titolo del Giornale. “Dossieraggio, Conte fa il furbo” dicendo “Io vittima”.

Quel viola quaresimale di Elly Schein fra i socialisti europei

Dal Dubbio

Pur elegante in quell’abito di un viola quaresimale che ha scelto per lei la specialista di armocromia che fa ormai parte della sua storia, o del suo romanzo politico, Elly Schlein deve avere avvertito la situazione anomala di padrona di casa nel congresso dei socialisti europei che si è svolto a Roma in previsione delle elezioni di giugno per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo.

         Intanto il partito da lei guidato, diversamente dagli altri, può definirsi socialista solo al di fuori d’Italia. L’identità socialista, prima ancora del nome, gli è preclusa dalla componente ex comunista che, caduto il muro di Berlino nel 1989, e dovendo cambiare nome e simbolo per on essere travolto dalle sue macerie, in tutti i modi poteva chiamarsi fuorchè socialista.

C’era ancora in campo in Italia allora un patito dichiaratamente socialista guidato da Bettino Craxi. Che proprio mentre crollava il muro di Berlino  faceva sventolare dalla finestre del Psi  la bandiera dell’”unità socialisa” che da sola poneva il problema più indigesto per il Pci. Era quello dell’unificazione dei due rami principali della sinitsra italiana,

 Più che unificarsi con l’odiato Craxi, i comunisti italiani speravavano di liberarsi di lui e del suo patito cavalcando lo scandalo giudiziario di Tangentopoli. Finì cone tutti sappiamo: con i socialisti disperi, Craxi costretto ad andare a morire ad Hammamet e un partito ex comunista chiamato pds, dei democratici di sinistra. La Quercia lo rappresentava botanicamente con la falce e il martello appoggiati al suo tronco. Di garofani neppure l’ombra. Erano un po’ come i chodi della cassa da morto del Psi avventuratosi negli anni scorsi a sfidare il Pci addirittura da Palazzo Chigi.

         Nella successiva trasformazione- dai democratici di sinistra senza più neppure il nome di partito ad una unificazione con i resti della sinistra democristiana e altri cespugli sotto il none generico di Partito Democratico- i post comunisti si trovarono nella spiacevole situazione di non potersi più chiamare socialisti anche per il veto dei post-democristiani. Che socialisti non si erano mai sentiti e non volevano diventarlo a storia ormai scaduta.

         Ci volle poi il coraggio o la disinvoltura -come preferite-di Matteo Renzi per decidere all’improvviso, sorprendendo i democristiani da cui pure lui proveniva- l’adesione vera e propria, e non più da osservatore, del Pd al Partito Socialista Europeo. Poi, Renzi avrebbe abbandonato tutti per andarsene altrove.

Schlein al congresso dei socialisti europei a Roma

         Ora la Schlein è la segretaria di un partito democratico che cerca nel suo paese -o in in uno di quei due o tre  di cui possiede legittimamente il passaporto- il suo principale alleato all’opposizione in un’area genericamente chiamata progressista ma non socialista. Questo nome dà terribilmente fastidio anche a Giuseppe Conte e amici grillini. Non parliamo poi di Grillo in persona, fattosi le ossa insultando i socialisti quando contavano con Craxi  e ora trasferitosi “altrove” dopo vare consegnato il suo Movimento a Conte diventandone garante e consulte a contratto,  

Screensh Conte

Conte, dal canto suo, non riesce ad accasarsi nel Parlamento europeo neppure fra i verdi, alla cui porta aveva bussato senza riuscire a  farsi aprire la porta.  Un Conte che sulla guerra in Ucraina considera il Pd “bellicista” come i socialisti europei. Un Conte che ha fatto sforzi sovrumani in un salotto televisivo per nascondere le sue note simpatie per Trump, che lo chama Giuseppi al plurale, dicendo di non poter scegliere fra lo stesso Trump e Biden, in vista delle elezioni americane, per non compromettere i rapporti fra i due paesi, Come se fosse ancora lui il presidente del Consiglio, o potesse tornare presto ad esserlo con l’aiuto della Schlein. Non si capirebbe di chi altro, sennò.  

Pubblicato sul Dubbio 

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