I poco santi protettori del guastafeste leghista Matteo Salvini

Non so se più in Paradiso o all’Inferno, per quanto considerato vuoto di recente dall’ottimistico Papa Francesco, quel pasticcione di Matteo Salvini deve avere un grande protettore, Che lo soccorre nei momenti di difficoltà accecando i suoi avversari e facendogliene fare più grosse di lui.

Dal Foglio

         Il Foglio non ha forse sbagliato titolando non tanto sul comizio di Cagliari, quanto sulla foto del palco contenente i leader nazionali del centrodestra accorsi a sostenere il candidato a “governatore” nelle elezioni regionali di domenica, che “la paura sarda è più forte del gelo fra Meloni e Salvini”. Fisicamente accanto, in effetti, ma  sottopelle  distanti.

Da Repubblica

         Non ha neppure sbagliato, una volta tanto, Repubblica a vedere fra la premier Gorgia Meloni e il suo vice presidente del Consiglio leghista un “muro”, esagerando comunque nello scambiare per “riforme” quelle che li separerebbero Riforma sicuramente è quella del premierato, per l’elezione diretta del presidente del Consiglio, su cui in effetti i partiti della Meloni e di Salvini si sgambettano un giorno sì e l’altro pure. Dubito invece che si possa scambiare per riforma la rivendicazione di un terzo mandato dei presidenti delle regioni. E dei sindaci che si sono o sono stati accodati in una vertenza che mi sa tanto di banalissimo potere, a volte di carattere persino personale e non di partito, di una combinazione ambigua.

Il compianto Navanly

         Riuscito in questo groviglio di problemi  a inguaiarsi anche sul clamoroso caso Navamly, praticamente dubitando che l’oppositore russo sia stato mandato da Putin a morire in Siberia riuscendo pienamente nella missione di sfida anche a tutto il mondo, come con la guerra in Ucraina, Salvini ha avuto dalle opposizioni in Italia il regalo di un’offensiva non più soltanto politica ma giudiziaria contro il suo maggiore obiettivo di minisro delle Infrastrutture: il ponte sullo stretto di Messina.

Il progetto del ponte

         Ricevuto l’esposto dal verde Bonini e compagni, fra i quali la segretaria armocromatica del Pd Elly Schlein, la Procura della Repubblica di Roma ne ha fatto un fascicolo giudiziario con relative indagini. Alle quali temo che non mancheranno colpi scenici come il sequestro dei tutti i plastici del manufatto fra i quali Salvimi si muove quando si distrae dalle altre azione di disturbo al governo e alla maggioranza di cui fu parte.

Dalla Stampa

         Sotto il titolo appropriato di un “suicidio di massa” Mattia Feltri sulla prima pagina della Stampa ha tirato le orecchie a quell’”amico”, ma anche asino politico, che ha azionato un’iniziativa utile solo ad ammazzare quel che resta del Parlamento e fare apparire Salvini un gigante boicottato da sprovveduti.

Mattia Feltri sulla Stampa

         Mattia si è giustamente chiesto “che opinione dovrebbe avere di sé un parlamentare impegnato ad esercitare l’opposizione nei palazzi di giustizia anzichè in quelli della politica, dove è stato chiamato a prestare la sua preziosa opera”. Preziosa, giusto per amicizia di Mattia, dalla quale sono per fortuna esente.

I misteri e risentimenti portatisi nella tomba da Francesco Saverio Borrelli

La lettera dei familiari al Corriere della Sera

Reduci -si fa per dire, essendo passati più di tre mesi- dalle proteste contro la decisione del sindaco di Milano di lasciare accomunare nel Famedio del Cimitero Monumentale ambrosiano i nomi del loro congiunto e di Silvio Berlusconi, pur onorato con i funerali di Stato l’anno scorso, i parenti di Francesco Saverio Borrelli hanno protestato questa volta contro il Corriere della Sera. Che avrebbe fatto peggio del Comune al Famelio, avendo pubblicato con tanto di richiamo in prima pagina una lunga intervista di Aldo Cazzullo all’anziano ex parlamentare socialista Rino Formica, sulla soglia ormai dei 97 anni, titolandola sull’accusa all’allora capo della Procura della Repubblica di Milano d avere aspirato al Quirinale nelle o con le indagini note come “mani pulite”. Che sgominarono la cosiddetta prima Repubblica decapitandone i partiti che avevano l’abitudine biasimevole ma generale di finanziarsi illegalmente con contributi forse anche volontari, per carità, ma dannatamente calcolati in percentuale su lavori pubblici, forniture, affari  e simili di chi pagava, cioè con tangenti.

Tiaiana Majolo sul Dubbio

         Era stata così eretta e demolita al tempo stesso una città chiamata Tangentopoli. Che poi, in verità, lo stesso Borrelli, come ha correttamente ricordato Tiziana Majolo sul Dubbio, riconobbe fosse stata ricostruita, essendo secondo lui la corruzione ripresa -se davvero fu corruzione quella precedente- in modo persino maggiore e peggiore nelle edizioni successive alla prima Repubblica.

Borrelli nel 2011, a carriera giudiziaria ormai  vero la fine  e al posto di Prouratore Generale della Corte d’Appello di Milano cui aveva sempre aspirato, disse che “non valeva la pena di buttare all’aria il mondo precedente per cascare poi in quello attuale”. E si lasciò prendere dalla tentazione di chiedere scusa, fornendo a Claudio Martelli l’occasione ci accoglierle, e persino vantarsene in un libro autobiografico. Borrelli d’altronde, mentre pendevano ancora le indagini che avrebbero coinvolto e danneggiato anche l’ex vice segretario di Bettino Craxi, gli aveva già riconosciuto di essere stato fra i migliori, se non il migliore in assoluto dei ministri della Giustizia succedutisi nella tanto deprecata prima Repubblica.

Il pool di “Mani pulite” in Galleria a Milano

         Lasciare accusare anche nei titoli del più diffuso giornale italiano la buonanima del loro marito e padre di avere voluto buttare il mondo all’aria -per ripetere le parole del loro stesso congiunto- allo scopo di  diventarne il capo, e magari rivoltarlo da solo come “un calzino”, secondo le leggende del Palazzo di Giustizia di Milano, o come presidente della Repubblica o come presidente del Consiglio nominato da un chissà quanto disponibile Oscar Luigi Scalfaro, già amico peralltro del padre; lasciare accusare Borrelli di questo, dicevo, è sembrato troppo ai familiari. Ai quali evidentemente non sono bastate le parole –“Non credo proprio”- opposte a Formica dall’intervistatore e completamente ignorate nei titoli, interni e di prima pagina.

         Alla protesta dei congiunti di Francesco Saverio Borelli il Corriere della Sera ha ritenuto di reagire pubblicandola e basta fra le lettere. Non ci sono state le scuse, ma con un po’ di buona volontà potrebbero essere anche intraviste. Forse non evidenziate solo per il ricordo di un editoriale del Corriere, comparso in pieno svolgimento dell’azione penale delle cosiddette “mani pulite”, in cui l’allora vive direttore Giulio Anselmi prese un po’ le distanze dai metodi e dagli spettacoli degli inquirenti, tanto debordanti erano diventati.

Giulio Catelani

         A costo di sorprendervi, e di sembrare ingenuo anche alla cara Tiziana Maiolo, neppure a me Silvio Formica è apparso del tutto convincente sulla natura e sulle dimensioni delle ambizioni di Borrelli, Al quale ho sempre riconosciuto di avere  pubblicamente e lecitamente avuto solo e sempre l’obiettivo di imitare il padre anche nel desiderio di arrivare al top del distretto goudiziario in cui lavoGenerale della Corte d’Appello. Che nel 1991, concorrendo alla successione ad Adolfo Beria di Argentine, gli apparve davvero a portata di mano o di toga. Ma all’ultimo momento gli fu preferito dal Consiglio Superiore della Magistratura, con le solite procedure politiche e sindacali ignorate solo dagli ingenui, cioè dai fessi, sino a quando non sarebbe esplosa la vicenda di Luca Palamara, un concorrente imprevisto arrivato da Firenze: Giulio Catelani, Che venne praticamente insediato a Milano, nella cerimonia ufficiale, da un altro Giulio, che era il presidente del Consiglio Andreotti. Ne derivò un clima generale di risentimenti e di sospetti che non giovò alla serenità nelle aule, nei corridoi e nelle stanze del tribunale di Milano. Negarlo sarebbe pura ipocrisia.

Dal Dubbio

         A un turno successivo, ripeto, la Procura Generale toccò finalmente a Borrelli, Nel frattempo il mondo, per dirla con lo stesso ormai compianto, altissimo magistrato, era stato tutto mandato “all’aria”. E Borrelli si sentì impegnato a “resistere, resistere, resistere” a Berlusconi, disse pubblicamente con linguaggio -francamente- più da partigiano che da magistrato.

Vi e mi chiedo se questa storia può davvero essere considerata normale, con o senza il contorno delle intercettazioni dei servizi segreti a carico degli inquirenti raccontate da Formica, Che ha perso la vista,  per sua stessa rivelazione, ma non la memoria.

Pubblicato sul Dubbio

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