La Meloni tronca gli spettacoli di Sgarbi accettandone dal Giappone le dimissioni

    Dalle lontane nevi del Giappone, dove è andata a raccogliere la staffetta del G7. Giorgia Meloni ha mandato un messaggio al teatrino della politica italiana, come lo chiamava la buonanima di Silvio Berlusconi prima di parteciparvi pure lui cercando ogni tanto di metterci un po’ più di allegria dei suoi predecessori e poi competitori. Ma senza riuscirvi molto, debbo dire con sincerità, anche a costo di smentire colleghi e amici, a cominciare dal buon Giuliano Ferrara, che si divertivano ad apprezzarne stranezze ed esuberanze ridendo dello stupore o dello scandalo gridato dagli avversari, compresi pubblici ministeri e giudici.

Titolo del Fatto Quotidiano

         Raggiunta dalle notizie sui ripensamenti, veri o presunti, attribuiti a Vittorio Sgarbi dopo l’annuncio in diretta, durante una manifestazione pubblica, delle dimissioni da sottosegretario alla Cultura, la premier ha annunciato di averle comunque accettate. Segno che qualcosa di scritto a lei deve essere arrivato dall’interessato, proteso invece a descriversi ancora indaffarato a stendere la sua lettera per farcirla meglio di attacchi, critiche, allusioni e quant’altro a chi le ha provocate. E ciò a cominciare, naturalmente dal suo per niente ma ormai ex ministro Gennaio Sangiuliano, trovatosi alla fine, nei rapporti con l’inquieto sottososegretario, come a suo tempo il ministro Giuliano Urbani. Che ne risulta agli amici ancora scioccato a distanza di tanti anni.

Fotomontaggio del Fatto Quotidiano

         Peccato che un uomo della cultura, a volte -non sempre- della simpatia, della professionalità di critico d’arte come Sgarbi sprechi così tanto e così spesso il suo talento.. Sicuramente più di quanto lo vada sprecando, per altri versi e su altri fronti, il leader leghista ed alleato Matteo Salvini. Che peraltro con quell’incarico che ha anche di vice presidente del Consiglio dovrebbe avvertire un obbligo in più e non in meno di discrezione, di contenimento, di condivisione e portare la mano più sulla bocca che sulla patta recentemente esibita anche da Sgarbi imitando l’ex convivente dalla Meloni negli studi televisivi, dove preparava allegramente le sue trasmissioni.

         Con Meloni poi gli obblighi maschili  di riservatezza, correttezza, diciamo pure  galanteria dovrebbero essere avvertiti di più trattandosi di una donna: per giunta la prima giunta alla guida del governo nella storia pluristituzionale d’Italia, tra Monarchia e Repubblica e varie edizioni di quest’ultima: prima, seconda, terza come potrebbe diventare con l’elezione diretta del presidente del Consiglio, o quarta come già viene offerta in televisione da conduttori che corrono più dei primatisti nelle gare a piedi, in moto o in auto.

Ripreso da http://www.policymakermag.it

Conte adatta alle 5 Stelle la spinta propulsiva della rivoluzione di Lenin

Dal Dubbio

   Democristiano fra i democristiani emeriti, sino a celebrare una volta in un teatro campano il compianto Fiorentino Sullo. Progressista fra i progressisti, sino a guadagnarsi il grado più alto dall’allora segretario del Pd Nicola Zingaretti. Grillino fra i grillini sino a degradare di fatto Beppe Grillo da fondatore a garante e a consulente a contratto. Avvocato tra gli avvocati sino ad assumere la difesa del “popolo” nel suo complesso, non bastandogli i singoli affidatisi ai suoi uffici. A sinistra più a sinistra di quelle vecchie e nuove di matrice comunista e non, Giuseppe Conte è riuscito in una intervista al Corriere della Sera a recepirne e rappresentarne “la spinta propulsiva”. Che pure nel 1982 il povero, esausto Enrico Berlinguer dichiarò “esaurita” commentando in televisione la gestione militare di quel che era rimasto del comunismo in Polonia, dopo gli scioperi di Lech Valesa e le preghiere, quanto meno, del lontano ma molto avvertito Papa polacco regnante a Roma. Giovanni Paolo II.

    Dal comunismo che fu, e che ancora cerca di essere in Asia e in Africa, la Meloni permettendo quando riuscirà a realizzare il piano Mattei, l’ex premier grillino ha fatto senza volerlo tante stelle da aggiungere a quelle che lui presiede in terra, o della terra.  E ne ha gà cominciato a difendere la spinta propulsiva -ripeto- da quanti la minacciano ponendogli condizioni persino belliciste per la ricomposizione del famoso “campo largo”. Al centro del quale, il più tardi possibile, sarà magari eretto un monumento per custodirvi i suoi resti mummificati, come Lenin. La cui teca -lo confesso- mi procurò qualche emozione quando mi capitò di visitarla in una fila che non si era ridotta con la falce e  il martello appena rimossi dalla cupola del Cremlino per lasciarvi sventolare solo la bandiera russa, non più rossa. 

    Non vorrei che il mausoleo del Conte travestito da Lenin finisse per sorgere a Volturara Appula, il suo paese natale, terra una volta di serpenti e avvoltoi. Una volta.

Pubblicato sul Dubbio

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