Serve ben all’Europa il rapporto fra Giorgia Meloni e Viktor Orbam

La copertina del Riformista

    A qualcosa di utile dunque può servire, oom’è appena avvenuto anche al vertice europeo, il rapporto tra Giorgia Meloni e Viktor Orban tanto temuto e disprezzato a Roma e dintorni: i “Promessi sposi” sfottuti da Matte Renzi sul suo Riformista, pur riconoscendo che l’ungherese è rimasto “nell’angolo” e l’altra l’ha “spuntata”. Questo “amore”, come l’ha chiamato sfottendo anche Stefano Rollli nella vignetta del Secolo XIX, non è solo “una catena”, non so se più per l’uno o per l’altra, per l’ungherese o per l’italiana.  Intanto grazie all’intesa fra i due premier L’Europa si è “ricompattata” , come  ha titolato in apertura Avvenire, il giornale dei vescovi italiani .

Titolo del Corriere della Sera

            “Orban vota sì” -ha titolato il Corriere della Sera- ai 50 miliardi destinati dall’Europa all’Ucraina ancora aggredita dalla Russia di Putin, Che probabilmente scommetteva sul contrario. Ed ora teme anche, fra le mura del Cremlino, che all’Ucraina il presidente americano Joe Biden riesca presto a girare gli ingenti fondi russi sotto sequestro negli Stati Uniti proprio per la guerra in corso da due anni contro Kiev. Sarebbero ancora più soldi e aiuti di quelli bloccati al Congresso americano per diatribe inter

Dal Corriere della Sera

         Sarò pur vero ciò che proprio sul Corriere ha scritto e spiegato un esperto come  Federico Fubini – che cioè Orban votando no avrebbe rischiato, anzi avrebbe perduto 20 miliardi di euro di fondi europei contestatigli dall’Unione ed equivalenti, per la mostra economia, date le proporzioni fa i due paesi, a  240 miliardi di euro- ma è quanto meno improbabile che senza l’opera di convinzione, pressione, condizionamento e quant’altro della Meloni, e del presidente francese Emmanuel Macron, il premier ungherese si sarebbe piegato. Era in gioco per lui anche l’ammissione chiesta per dopo le elezioni di giugno, nel nuovo Parlamento europeo, al partito e al gruppo dei conservatori. Dove la Meloni dà le carte, per ripetere un linguaggio che lei ha appena usato in Italia per ricordare il turno finito per la sinistra al tavolo del gioco nazionale.         

    Sarà pure “inciucio”, come lo ha disprezzato Il FattoQuotidiano, che chissà quali e quante vignette o fotomontaggi aveva preparato nel caso di un fallimento del vertice europeo, ma il rapporto fra la Meloni e Orban non serve solo a far pulire in Ungheria -scusate l’ironia- le celle carcerarie dove finiscono le Salis di turno, sperabilmente in attesa che riescano anche ad uscirne e a tornare in Italia. Esso seve anche a far funzionare meglio l’Unione e a non ridurla alla groviera che farebbe comodo a Putin. E scasate se non è poco. E se dopo il 9 giugno, nel e col nuovo Parlamento europeo, potrà andare anche meglio, pur se Matteo Salvini nella maggioranza, oltre alla sinistra all’opposizione, non dovesse gradire.

Ripreso da http://www.startmag.it e http://www.policymakermag.it

Troppe cose non tornano nel caso Salis, in Ungheria e in Italia

Titolo sul Dubbio

   Peccato che il generale Roberto Vannacci -tuoi, senza offesa- sia impegnato a scrivere un altro libro, o lo abbia già scritto e ne stia allestendo il lancio nella speranza di ripetere il successo mediatico ed economico del primo sul mondo al contrario. Di cui ormai tutti lo considerano, per scherzo o sul serio, un esperto. Egli potrebbe occuparsi del caso di Ilaria Salis per cercare di venirne metaforicamente a capo, essendo la vicenda della giovane insegnante brianzola, pur con quel nome inconfondibilmente sardo, da mondo al contrario davvero.

La cella ungherese di Ilaria Salis

         Tutti ne hanno scritto e parlato come di una detenuta costretta a vivere in un carcere ungherese fra topi, scarafaggi ed altre schifezze, portata e lasciata in catene in un’aula di tribunale, eppure ripresa dai fotografi sorridente con chi la tiene al guinzaglio. Di un sorriso magari spavaldo, ma sempre sorriso. E ciò ben prima che, scoppiate le polemiche e resi roventi telefoni e telefonini fra Roma e Budapest, uno dei più alti magistrati magiari andasse di persona a verificare lo stato della sua cella, e magari a farla rimettere finalmente in ordine.

Matteo Salvini

         La presidente del Consiglio usa i suoi noti buoni, comprensivi rapporti personali col collega ungherese Victor Orban per tirare fuori dai guai la connazionale, o migliorarne le condizioni, e uno dei suoi due vice, il leghista Matteo Salvini, ne prospetta la radiazione da insegnante per le sue provate -secondo lui- abitudini protestatarie e violente sperimentate a suo tempo da una sezione lombarda del Carroccio, Ma nel giro di un nanosecondo si viene a sapere che da quell’ accusa in realtà mossele in una procura la ragazza fu assolta.

         Questa benedetta Salis, anti-nazifascista oltre che antileghista, va in Ungheria e s’imbatte l’anno scorso in un raduno annuale festoso di nazisti. Cerca di picchiarne, o ne picchia due secondo l’accusa finendo in galera fra inutili proteste di innocenza.

Guerra in Ucraina

   Ma come?  L’Ungheria non è un paese fra i pochi, per fortuna, che in Europa non se l’è presa più di tanto, diciamo così, con la Russia di Putin che da circa due anni fa bombardare l’Ucraina per “denazificarla”, come dicono al Cremlino? E perché in territorio magiaro tra un ostentato nazista e uno che cerca di prenderlo a calci, o qualcosa di simile, polizia e magistrati preferiscono proteggere il primo e fare passare i guai all’altro? L’altra, in questo caso.

Gabriele Cagliari

         C’è poco o niente che torni in questa storia, né in Ungheria né in Italia. Dove peraltro di detenuti in catene per strada e nei tribunali se ne sono visti eccome, come i compianti Enzo Tortora ed Enzo Carra, per non parlare del suicida in carcere Gabriele Cagliari durante quella che per molti è ancora l’epopea di Mani pulite.  E non ci fu un piantone, dico solo un piantone, a rimetterci il posto, come ora Salvini pretende che lo rimetta la Salis.

Il generale Vannacci

         Generale Vannacci, ripeto, faccia, scriva, gridi qualcosa, in divisa o senza.  Stavolta, vedrà, non incorrerà nelle ire del ministro della Difesa.

Pubblicato sul Dubbio

Blog su WordPress.com.

Su ↑