Le “riflessioni” di Giorgia Meloni sul 25 aprile affidate al Corriere della Sera

Tutti lì ad aspettare Giorgia Meloni, la prima donna, e di destra, alla “prova più difficile” nell’”Italia divisa” dei titoli di prima pagina di Repubblica; tutti ponti a fare le pulci a qualche comunicato ufficiale in coincidenza con la sua partecipazione, accanto al capo dello Stato e ai presidenti delle Camere, alla cerimonia abituale del 25 aprile all’Altare della Patria; tutti smaniosi di rinfacciarle la “ritrosia” appena rimproveratale dall’ex amico e leader di partito Gianfranco Fini sulla strada da lui intrapresa tanti anni  fa  del riconoscimento del valore dell’antifascismo; e lei che cosa fa? Prende non più la carta e penna di una volta, che ha fatto in tempo ad usare da ragazza, ma il computer dei nostri giorni per affidare le sue “riflessioni” ad una lettera al Corriere della Sera, scelto per la sua primazia nelle edicole e dintorni ma anche per la moderazione con la quale di solito informa i lettori e partecipa al dibattito politico, cercando più di ragionare che di strillare. 

Il Corriere naturalmente ricambia offrendole l’apertura in questo giorno di festa nazionale, e di gigantesco ponte vacanziero. “Il frutto fondamentale del 25 aprile -ha scritto, fra l’altro, la premier-è stato, e rimane senza dubbio, l’affermazione dei valori democratici, che il fascismo aveva conculcato e che ritroviamo scolpiti nella Costituzione repubblicana”. Un fascismo la cui nostalgia -ha precisato la Meloni in un altro passaggio- è “incompatibile” con la destra democratica che lei è convinta di rappresentare alla guida del governo, come le ha appena riconosciuto la Cnn americana facendo un bilancio positivo dei suoi primi sei mesi di esperienza a Palazzo Chigi. 

“Il 25 aprile 1945- ha ancora riflettuto la premier- segna evidentemente uno spartiacque per l’Italia: la fine della seconda guerra mondiale, dell’occupazione nazista, del Ventennio fascista, delle persecuzioni antiebraiche, dei bombardamenti e di molti lutti e privazioni che hanno afflitto per lungo tempo la nostra comunità nazionale”, purtroppo proseguiti per un pò anche dopo quella data, ha ricordato la Meloni. Che deve avere letto anche lei i libri del compianto Giampaolo Pansa guadagnatosi per la sua onestà le contumelie e le minacce di quanti si aspettavano da lui, a sinistra, la loro reticenza o mancanza di memoria, o nessuna voglia di informarsi. 

A conclusione delle sue riflessioni la Meloni ha tenuto a ricordare che oggi la Libertà, cui sarebbe meglio titolare ormai la festa del 25 aprile per il tanto tempo passato dalla Liberazione, sempre con la maiuscola, è minacciata in Europa da Putin con l’aggressione all’Ucraina. E ha dedicato il suo “primo 25 aprile da presidente del Consiglio” alla quasi centenaria Paola Del Din, da Lei incontrata e ricordata domenica sera anche da Carlo Nordio a Rai 3: una partigiana decorata al valor militare – delle brigate Osoppo falcidiate dai comunisti filotitini- che preferisce chiamarsi ed essere chiamata “patriota”.  

Ripreso da http://www.startmag.it

Carlo Nordio, l’uomo giusto al posto giusto anche per disintossicare il 25 aprile

Ospite televisivo, sia pure a distanza, di Fabio Fazio su Rai3, collegato dalla sua abitazione a Treviso fra libri che ritengo abbia tutti letto, e non esposti alle spalle per arredamento, Carlo Nordio si è rivelato “l’uomo giusto al posto giusto” -parole della premier Gorgia Meloni- non solo come ministro della Giustizia. Che è titolare per espressa norma costituzionale -l’articolo 107 dimenticato o ignorato da critici e avversari nei giorni scorsi-  della insindacabile “facoltà di promuovere l’azione disciplinare” verso le toghe. Sulle quali giudizio ed eventuali misure sono affidati, a tutela della loro indipendenza e autonomia, al Consiglio Superiore della Magistratura, non alla piazza come accade a tanti malcapitati dopo un avviso di garanzia. 

Nordio si è rivelato l’uomo giusto al posto giusto anche sul piano culturale e politico, ora che è un parlamentare eletto, prima ancora che Guardasigilli, parlando della festa della Liberazione in questi giorni e in queste ore intossicate dalle solite polemiche, questa volta più rumorose e astiose del solito. E ciò per qualche “sgrammaticatura istituzionale” di certo, come Giorgia Meloni ha definito alcune sortite del suo amico e collega di partito Ignazio La Russa, presidente del Senato e quindi seconda carica dello Stato, ma anche o soprattutto per la prima volta di una destra. e di una donna, alla guida del governo. Una destra che, per quanto svezzata a suo tempo da Gianfranco Fini riconoscendo non a parole ma per iscritto, su tanto di documenti di partito, il valore dell’antifascismo, si trova sottoposta ad esami che non finiscono mai, come da una vecchia e celeberrima commedia di Eduardo De Filippo. 

Persino Fini, uscendo dalla nebbia politica dove sembrava finito mancando il ritorno alla Camera anche come semplice deputato dopo averla presieduta, ha un pò bacchettato la Meloni, parlandone in televisione con Lucia Annunziata, per non averlo sinora seguito esplicitamente sulla strada dell’antifascismo da lui imboccata entrando nell’area di governo dove lo aveva portato, sdoganandolo, Silvio Berlusconi nel 1994. Più ancora di Fini si è mostrato fiducioso o ottimista su Meloni un altro ex presidente della Camera di segno opposto: Luciano Violante parlandone al Corriere della Sera.

Nordio -per tornare a lui- ha risposto ad una domanda di Fazio sulla festa appunto della Liberazione e sulle polemiche che l’hanno accompagnata proponendo sacrosantamente di fare del 25 aprile una ricorrenza non solo italiana ma europea. Fu tutta l’Europa infatti a suo tempo, anche quella destinata poi a cadere sotto la dittatura sovietica, ad essere liberata dal nazifascismo. Nessuno ora la sente decentemente minacciata, per quanto forte sia diventata la destra in Francia e nei paesi nordici nelle ultime elezioni, e non solo in Italia. Nessuno, ripeto, è decentemente allarmato, essendo con tutta evidenza indecente il tentativo di Putin di giustificare la sua sanguinosa aggressione all’Ucraina reclamandone e realizzandone nei territori occupati una presunta “denazificazione”. 

Non vi sono sgrammaticature istituzionali -ripeto- lamentate dalla premier in persona né errori di ignoranza, peraltro confessata, come quello del ministro cognato della stessa Meloni, Francesco Lollobrigida, sulla minaccia incombente di una “sostituzione etnica” cinicamente programmata o teorizzata da nuovi schiavisti, che possano giustificare i muretti, i muri e i fili spinati più o meno costruiti in questi giorni da una politica italiana litigiosa, pronta a strumentalizzare tutto e tutti per dare un contenuto a questo o a quel partito abituato a vivere di slogan e non di programmi, di populismo e non di popolo, di fake news e non di notizie vere. 

Su questa strada temo che la sinistra -secondo me suicida dai tempi che in cui “disconobbe”, come ha detto recentemente Stefania del padre, o espulse Bettino Craxi come un volgare delinquente per avere cercato di modernizzarla- si lascerà scappare anche l’occasione offertale dal ruolo di opposizione, peraltro assegnatosi volontariamente nelle ultime elezioni politiche, per rigenerarsi finalmente e offrire una credibile, realistica alternativa alla destra arrivata alla guida del governo senza alcuna marcia su Roma, semplicemente  per libera scelta dei cittadini non per questo nostalgici del fascismo, non foss’altro per ragioni semplicemente anagrafiche. 

Dico pertanto grazie  anche per questo  a Nordio, ripeto, non solo come ministro della Giustizia. La nostra salvezza è davvero solo o soprattutto in Europa, liberandone i paesi non solo e non tanto dai vecchi e nuovi nazionalismi, o sovranismi, ma da quelli che sono ormai provincialismi. E nulla di più. 

Pubblicato sul Dubbio

Ripreso da http://www.policymakermag.it

Blog su WordPress.com.

Su ↑